"Pino, anche se non ci conosciamo ti chiedo una cosa. Sono stato amico di Pierpaolo e non ho mai creduto alla tua versione dei fatti. Hai mentito per paura, perché eri minacciato. Ora dicci cos'è successo". L'ex sindaco di Roma Walter Veltroni incalza Pino Pelosi, reo confesso della morte di Pierpaolo Pasolini, arrivato a sorpresa nella libreria Mondadori in via Piave, durante la presentazione del libro "Nessuna pietà per Pasolini" di Stefano Maccioni, D. Valter Rizzo e Simona Ruffini.
L'ex "ragazzo di vita" era un minuto prima in fondo alla sala, aveva battibeccato con gli autori, aveva sottolineato di "essere una vittima e non un carnefice", di non voler "essere chiamato Giuda" perché era stato "aggredito e minacciato". È stato allora che Veltroni, seduto tra i relatori, lo ha invitato a parlare e poi, una domanda dopo l'altra, gli ha cavato fuori una sorta di confessione, certo l'ennesima versione, ma pur sempre una confessione. "Hai parlato di tanta gente coinvolta nell'omicidio ha sottolineato Veltroni tutti morti. Anche l'assassino è morto? O vive e non ha mai pagato?". Pelosi è titubante ma cede: "Sì - ammette - è ancora vivo".
Una verità che arriva dopo un'intervista a tutti gli effetti nata a braccio, l'ex leader del Pd fa domande e lui risponde, come forse non ha fatto mai. "Chi ti minacciava?", chiede Veltroni. "I fratelli Borsellino", risponde Pelosi (morti entrambi di Aids, ndr). "Dicci di quella sera", chiede Veltroni. E lui racconta: "Pasolini mi ha fatto salire in macchina a Termini. Siamo andati a cena al Biondo Tevere. Poi siamo andati all'Idroscalo e abbiano avuto un rapporto sessuale. Io sono sceso dall'auto per fare pipì. Dopo qualche secondo ho visto arrivare una moto con due persone a bordo e un'auto, forse una 1300 o una 1500, con quattro uomini. In seguito ho ricordato che ci seguivano dalla stazione. Un paio di loro hanno tirato Pierpaolo fuori dall'abitacolo e hanno cominciato a picchiarlo, era a terra già mezzo morto quando gli sono passati addosso con l'auto". Veltroni torna a capo: "È stato allora che hanno cominciato a minacciarti?". Pelosi annuisce: "Uno di loro è venuto da me, me le avevano già date, e mi ha detto "inventati qualcosa, se dici qualcosa famo fuori te e tutta la famiglia tua". E pure in galera me lo ricordavano, erano detenuti questi, quando mentivo mi dicevano "bene così". Non mi hanno mai mollato". E Veltroni. "Pure il tuo anello nella sua macchina era un bluff?". Ancora una volta dice sì: "Ce l'hanno buttato loro per incastrami. Era tutta una trappola per farlo fuori. Una cosa pensata". Poi Pino Pelosi tace di botto, va verso Veltroni gli stringe la mano e se ne va.