«Una sentenza che riconosce il diritto a un lavoro sicuro e dignitoso». A parlare, il giorno dopo lo storico pronunciamento dei giudici contro la Thyssenkrupp, sono gli ex lavoratori dell'azienda, che hanno seguito le quasi cento udienze a fianco dei famigliari delle vittime. Non può che cominciare da loro la rassegna delle reazioni agli "ottanta anni" comminati ai sei digenti della multinazionale tedesca dell'acciaio. Per Raffaele Guariniello, il pm che ha istruito il procedimento insieme alle due colleghe Laura Longo e Francesca Traversa la chiusura del processo «lancia un messaggio» ai consigli di amministrazione e a tutti i luoghi «dove le aziende prendono le grandi decisioni e decidono le politiche sulla sicurezza». La tesi dei pubblici ministeri è ruotata intorno alla circostanza del "dolo eventuale". E' con questo impianto che si è arrivati all'omicidio volontario in capo a Herald Espehahn. «Il dolo non è applicabile meccanicamente a tutti i casi di infortunio sul lavoro. Noi - specifica Guariniello - non lo abbiamo cercato. La nostra indagine era cominciata, come di consueto, per un omicidio colposo. Poi abbiamo trovato gli elementi che ci hanno portato a contestare il dolo. Ma abbiamo dovuto applicare metodologie di indagine nuove per gli incidenti sul lavoro, metodologie più tipiche da reati di criminalità organizzata: non abbiamo fatto un normale sopralluogo, abbiamo fatto delle perquisizioni, in cui determinante è stato il ruolo della Guardia di finanza, esaminando anche gli scambi di e.mail aziendali. Non ci siamo, insomma, fermati alle anomalie dello stabilimento: abbiamo cercato di capire perchè si erano create quelle anomalie». Il magistrato già da tempo ha lanciato l'idea di una Procura nazionale specializzata nella tutela dei lavoratori e dei consumatori, e di questo argomento ne ha parlato con il ministro Maurizio Sacconi.
Sul piatto della bilancia non ci sono solo le condanne ai dirigenti. Alla voce "costi" l'azienda dovrà scrivere ben nove milioni e mezzo di euro: gli indennizzi alle parti civili (le somme sono in molti casi immediatamente esecutive), il pagamento delle spese processuali e la pena pecuniaria inflitta alla società, chiamata in causa, come un vero e proprio imputato, nella veste di persona giuridica. Dopo l'incidente del 6 dicembre 2007, la Thyssenkrupp aveva già risarcito i parenti delle vittime con 12 milioni e 970 mila euro.
La difesa mastica amaro e parla di sentenza «che presenta aspetti esageratamente punitivi». A Ezio Audisio, uno degli avvocati della Thyssenkrupp, non va giù che sia interamente passata la linea dei pubblici ministeri, «che noi continuiamo a ritenere infondata». «Sembra che nessuno dei nostri argomenti e delle nostre argomentazioni - -aggiunge l'avvocato - sia stata presa in esame. Come se noi non fossimo stati presenti al processo».
Paolo Ferrero, segretario del Prc, l'ha definita «una sentenza di civiltà». «Si tratta - ha aggiunto Ferrero, da Napoli, a margine di un'iniziativa per sostenere il candidato sindaco De Magistris - di una sentenza che dice finalmente che non esistono incidenti sul lavoro, ma padroni che non tengono conto della vita degli operai, padroni che sono stati giustamente condannati». Secondo Ferrero, la sentenza, inoltre, mostra l'importanza «di una magistratura indipendente dal potere politico e dal potere economico». Il leader del Prc, infine, ha ricordato come l'altra sera nell'aula del Tribunale di Torino fosse «l'unico dirigente politico presente».