Omicidi dolosi. "Come prendere in mano una rivoltella e sparare" semplifica una vedova, digiuna di sottigliezze giuridiche e di implicazioni legate al "dolo eventuale". Alla cinque e mezzo della sera, al termine di una giornata di attesa che sembra non finire mai, la tensione si scioglie, qualche volto si riga di lacrime. Due giovani donne, le foto dei loro cari stampate sulle magliette, si abbracciano in aula.
Il giudice torinese Francesco Gianfrotta ha appena preso una decisione subito definita storica, epocale. Inedita. Uno spartiacque. Accogliendo in toto le richieste dell'accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e dai pm Lauro Longo e Francesca Traverso, a conclusione dell'udienza preliminare manda a giudizio sei dirigenti della Thyssen Krupp e la società.
La "rivoluzione", la decisione cui dall'Italia intera si plaude, è nelle contestazioni. Omicidio volontario plurimo, con il dolo eventuale, per l'amministratore delegato Harald Espenhahn. Omicidio colposo plurimo per i manager delle acciaierie. E omissione consapevole di cautele per tutti. A giudicarli per la fine orrenda di sette lavoratori, morti bruciati per il rogo alla linea 5, sarà la Corte d'assise torinese, a partire dal 15 gennaio.
Una vittoria, per i familiari delle vittime, gli scampati, i colleghi, i sindacati, le istituzioni che si sono costituite parte civile a fianco di sigle di categoria e operai. Un passo importante. "Il primo su una strada che si annuncia ancora lunga e insidiosa", come dice tenendo i piedi per terra il parlamentare del Pd Antonio Boccuzzi, il lavoratore sopravvissuto per caso alla notte di fuoco e orrore del 6 dicembre 2007.
L'amministratore delegato Herald Espenhahn, scrive il gup Gianfrotta nell'ordinanza letta alle cinque e mezzo della sera, si "è rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea 5" delle acciaierie di corso Regina Margherita e ha "accettato il rischio". Nonostante fosse a conoscenza dei problemi, "prendeva dapprima la decisione di posticipare dal 2006/2007 al 2007/2008 gli investimenti antincendio per lo stabilimento di Torino pur avendone già programmata la chiusura" e poi "la decisione di posticipare l'investimento per l'adeguamento della linea 5 - raccomandato dall'assicurazione, dai vigili del fuoco e da un organo aziendale, il Wgs - ad epoca successiva al trasferimento a Terni... e ciò nonostante la linea 5 fosse ancora in piena attività e vi continuassero a lavorare gli operai rimasti, in condizioni di crescente abbandono e insicurezza".
Gli avvocati del collegio di difesa parlano di "esagerazioni". Non nascondono la stizza: "Una cosa così - sbotta a caldo Cesare Zaccone - non si era mai vista". E rilanciano: "Restiamo convinti - aggiunge il collega Ezio Audisio - che questa disposizione di giudizio troverà un ridimensionamento, una ricollocazione in tematiche più consone. Trattandosi di un rinvio a giudizio, quella del giudice è una decisione che non entra nel merito delle responsabilità. Siamo certi che le nostre tesi saranno accolte al dibattimento".
I commenti raccolti ieri fanno loro capire come si siano schierati, prima del processo, amministratori locali, politici, sindacalisti. "La decisione del giudice - commenta il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino - interpreta la forte domanda di giustizia che sulla tragedia Thyssen Krupp proviene da tutta la comunità". Il principio sancito in aula, rileva la presidente della regione Piemonte, Mercedes Bresso, "apre sicuramente la strada, anche per il futuro, a dei profili di responsabilità particolarmente pesanti nei casi gravi" di incidenti sul lavoro.