«Ci conforta il fatto che l'Inail ci dica che i dati previsionali sono in miglioramento», questo ha detto il ministro del Lavoro Cesare Damiano commentando le statistiche contenute nel rapporto 2006 dell'Inail su infortuni sul luogo di lavoro, morti bianche e malattie professionali. I dati che emergono dallo studio, però, non si possono definire esattamente «confortanti», a cominciare dal numero di morti sul lavoro. Nel 2006 i casi mortali sono stati 1.302, 28 in più rispetto al 2005 (+2,2%), ma con un margine previsionale che, secondo la stessa Inail, potrebbe far toccare quota 1.350. L'incremento potrebbe arrivare dunque al 5,9%. Il settore con più alta frequenza di casi mortali è quello dell'estrazione di minerali, seguito da trasporti ed edilizia. Oltre la metà dei casi di morti bianche è dovuta ad incidenti stradali, sia durante lo svolgimento del lavoro che «in itinere» (spostamenti tra l'abitazione e il luogo di lavoro).
Diminuiscono gli infortuni denunciati: 927.998 i casi nel 2006, circa 12mila in meno rispetto al 2005. Una flessione del 1,3%, comunque peggiore rispetto all'anno precedente quando il calo degli infortuni aveva registrato un -2,8%. In controtendenza con la flessione del dato generale va però il rilevamento sugli infortuni per i lavoratori parasubordinati e interinali: +19% rispetto al 2005 per entrambe le categorie. Anche per gli extracomunitari si registra un aumento, anche se più contenuto: +3,7%. Il dato che salta agli occhi è però il rapporto tra numero di infortuni per i lavoratori immigrati non comunitari, e numero dei lavoratori. La presenza dei lavoratori extracomunitari in Italia è circa il 6% (1 milione 348mila) del totale. Ma la percentuale di infortuni denunciati è del 12,5%. Significa che i lavoratori extracomunitari si infortunano in media il 50% in più dei colleghi italiani e comunitari.
Più del 60% degli infortuni si concentra nel Nord industrializzato, che è quello che ha fatto registrare la diminuzione meno consistente del numero dei casi. La regione con la frequenza di accadimento di infortuni più elevata è l'Umbria (con un indice maggiore di quasi il 47% rispetto alla media nazionale) seguono il Friuli Venezia Giulia e l'Emilia Romagna. Il Lazio è la regione più virtuosa in questo campo, con un -33% rispetto alla media nazionale.
Stabile il numero delle malattie professionali: 26.403 denunce nel 2005 (-0,5% rispetto al 2005). Mentre nell'industria e nei servizi il numero dei casi è in calo dell'1%, in agricoltura il fenomeno è in costante crescita: +40% dal 2002. Anche tra i lavoratori dello Stato c'è una recrudescenza del fenomeno, con un aumento dei casi del 19%. Le malattie non tabellate, per le quali occorre provare l'origine professionale, costituiscono l'83% del fenomeno delle tecnopatie (nel 2002 erano il 71%). Ai primi posti si confermano ipoacusticità e sordità, mentre crescono (in alcuni casi sono triplicati) patologie come tendiniti, affezioni dei dischi intervertebrali e sindrome del tunnel carpale.
Nel rapporto Inail si fa anche una stima previsionale per il primo quadrimestre del 2007, in base a dati definiti dalla stessa Inail «grezzi, parziali e provvisori». Le prime analisi indicano un calo complessivo degli infortuni nel primo quadrimestre 2007 nell'ordine del 2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, determinato principalmente da una diminuzione accentuata del fenomeno nell'Agricoltura che, sempre stando alle stime, dovrebbe subire un calo compreso tra l'8% e il 10%.