È trascorso circa un mese da quando l'indulto è diventato legge e da allora (sino a ieri) sono usciti dalle carceri italiane perché hanno beneficiato dello sconto di pena esattamente 21 mila 126 detenuti. Un numero impressionante che è andato ben oltre le prime stime che parlavano di 12 - 15 mila persone. Non solo. Attualmente nelle patrie galere sono rinchiuse 37 mila 620 persone, un numero che va al di sotto della capienza regolare (stabilita cioè dai regolamenti penitenziari delle singole strutture), che si assesta a circa 43 mila.
I dati li ha forniti ieri il deputato della Rosa nel Pugno Sergio D'Elia, arrivato a Pordenone per una visita al "Castello", il carcere circondariale della città sul Noncello. Il segretario di Presidenza della Camera (la sua elezione scatenò violenti polemiche perché D'Elia, ex esponente di Prima Linea fu condannato a 25 anni di prigione in quanto coinvolto all'assalto del carcere di Firenze e ne scontò più o meno una dozzina) ha fornito anche altri dati, ma soprattutto ha voluto rimarcare la bontà del provvedimento. "I numeri parlano chiaro - ha spiegato - e in particolare quello che più conta è che non si è verificata quell'ondata di violenza e di pericolo sociale che qualche Cassandra aveva previsto. I detenuti usciti con l'indulto che si sono poi macchiati di delitti per i quali è stata necessaria nuovamente la carcerazione, sono stati in tutto una decina. Percentuali infinitesimali".
Ma D'Elia non si è fermato qui. È andato avanti con il concreto rischio di stravolgere i delicati equilibri che tengono in piedi la maggioranza di centrosinistra. Già, perché ha dato due spallate non da poco su settori "delicati" che più volte hanno marcato differenze all'interno della compagnie che regge Romano Prodi: la modifica della Bossi - Fini e la depenalizzazione delle droghe leggere. Di più. Il parlamentare della Rosa nel Pugno ha anche fatto presente che sarà necessario "trovare strumenti legislativi per decriminalizzare quei reati comuni come scippi, rapine e furti commessi da tossicodipendenti per procurarsi la droga".
"Si deve mettere mano al codice penale e alla giustizia - ha spiegato Sergio D'Elia - perché ci sono 10 milioni di processi dei quali 6 milioni e mezzo penali. I tempi sono lunghissimi e già tante volte l'Europa ha condannato l'Italia per i ritardi". Ma come risolvere la questione? Dopo l'indulto una amnistia. "È l'unica strada da percorrere - ha fatto presente - ma il provvedimento deve essere molto ampio: si dovrà fare la più grande amnistia della storia repubblicana". E la certezza della pena? E la tutela del cittadino onesto che non ha mai commesso reati? "Non è possibile fare altrimenti se vogliamo mettere mano ai problemi della giustizia".
Ma se dopo pochi mesi le carceri tornano a riempirsi dovranno scattare altri benefici? "Serve un cambiamento legislativo - è andato avanti - che deve portare per prima cosa all'abrogazione della legge Bossi - Fini che non ha dato le risposte che il centrodestra si aspettava . È necessario ampliare le quote di accesso anche perchè lo chiedono gli imprenditori, specialmente nel Nordest che è lo zoccolo duro del voto per la Casa delle Libertà.
Alcune indicazioni su questo fronte le ha date il Ministro dell'Interno, Giuliano Amato. La concessione della cittadinanza italiana agli immigrati dopo cinque anni di residenza può sicuramente aiutare perché i reati commessi dagli stranieri in regola sono pochissimi. È l'irregolarità che si associa ai comportamenti criminosi".
Infine le droghe. "Depenalizzare quelle leggere e decriminalizzare i reati dei tossicodipendenti che hanno agito per il bisogno di trovare la dose. Se a questo si aggiunge una applicazione corretta della legge Gozzini - ha concluso il parlamentare - le carceri non saranno più invivibili a causa del sovraffollamento".