Mohamed stava male da giorni. E i medici dell'ospedale, che lo avevano visitato due volte venerdì scorso, lo avevano dimesso prescrivendogli una terapia antinfiammatoria e consigliandogli di chiamare l'ambulanza se i sintomi si fossero aggravati. Un disturbo banale. Ieri pomeriggio, i compagni della sua camerata al Cpt di Bologna, il "carcere dei clandestini" dove sono rinchiusi gli stranieri da identificare, pensavano che dormisse. E invece Mohamed, tunisino di 33 anni, era morto. Da ore.
La sua morte, il decesso di un ospite super-controllato in una ex caserma riconvertita anni fa in centro di trattenimento, ieri pomeriggio ha scatenato la rivolta degli ospiti e un mare di polemiche. Gli immigrati nordafricani si sono radunati in cortile urlando "Allah è grande" e hanno incendiato materassi e lenzuoli. È intervenuta in forze la polizia e la rivolta è stata sedata senza scontri.
Ma in città, dove sabato scorso è morto in carcere un altro detenuto, il quarto in otto mesi, oltre all'immediata apertura di un'inchiesta che dovrà valutare se i soccorsi sono stati tempestivi, fioccano le polemiche. Il garante per i detenuti del Comune, Desi Bruno, che da mesi chiede inutilmente al Viminale e alla Prefettura il libero accesso al centro, consentito solo ai parlamentari, chiede "accertamenti rapidi e la possibilità che le verifiche siano consentite anche ai consiglieri comunali. Il Cpt deve diventare una casa di vetro".
Di certo non lo è. Lì dentro non può entrare nemmeno un magistrato di sorveglianza. Lo dice il giudice del tribunale di sorveglianza di Bologna Maria Longo: "Il legislatore non considera i Cpt luoghi di espiazione pena anche se sono comunque "luoghi separati". Forse bisognerebbe prevedere forme di verifica da parte di organi giurisdizionali".
Lì, dove ieri è morto Mohamed, un passato segnato dalla cocaina, anni fa ci fu un blitz dei No Global che smontarono il centro di trattenimento ancora in fase di costruzione, causando danni per centinaia di migliaia di euro. Innumerevoli poi le proteste, le rivolte, gli incendi, le ispezioni, e tanti i poliziotti finiti sotto inchiesta per presunti pestaggi. La Procura più tardi aprì un'inchiesta perché qualcuno denunciò la presenza di tranquillanti nel cibo. Tutto archiviato.
Ora il sospetto di lacune nell'assistenza e nella sorveglianza, e la morte di un immigrato che, secondo alcuni, poteva essere salvato. Mohamed, scarcerato a Isernia l'11 giugno (era dentro per droga) passato per il Cpt di Roma e poi portato a Bologna il 19, era sotto stretto controllo medico. O per lo meno doveva esserlo. All'ingresso disse subito del suo passato di ex cocainomane e per questo era in terapia con farmaci anti epilettici. L'inchiesta, il sequestro delle cartelle cliniche (anche all'ospedale Sant'Orsola) e l'autopsia diranno cosa l'ha ucciso. Nessuna traccia di violenza sul corpo. Ad un consigliere comunale, altri ospiti hanno rivelato che l'immigrato ieri mattina si lamentava. "Non lo hanno soccorso in tempo". Voci non verificate, però. Secondo Daniele Giovanardi, presidente della "Misericordia" di Modena, che gestisce anche il Cpt di Bologna, e fratello dell'ex ministro Ccd per i rapporti col Parlamento, "al centro c'è un medico in servizio 24 ore su 24. Auspico un'inchiesta rapida. Anche per fugare le voci di chi potrebbe accusarci in modo strumentale".