Non ha voluto seguire i suoi tre compagni di cella e gli altri detenuti del Coc - l'ex Centro osservazione criminologica, il reparto del carcere di San Vittore che ospita i tossicodipendenti - giù in cortile, per l'ora d'aria. E nessuno, compagni di cella o agenti penitenziari, aveva dato peso a quella rinuncia. Invece Daniele L., 33 anni, di Cernusco sul Naviglio, aveva già deciso tutto.
Ha scelto la pausa per la passeggiata, prolungata per tutta l'estate a causa del caldo africano, lunga abbastanza per annodare le lenzuola e legarle alle sbarre, nel silenzio della cella e del braccio, lontano da tutti. Ha scelto il pomeriggio e un'ora insolita per un suicidio: chi si toglie la vita dietro le sbarre, di solito lo fa di notte. Alle 17, quando la guardia è rientrata e ha riaperto la porta, Daniele si era già impiccato e all'agente non è rimasto altro che constatarne il decesso.
Non ha lasciato biglietti né spiegazioni del suo gesto, l'uomo. Che proprio ieri mattina aveva ricevuto visite, entrambi i genitori venuti a trovarlo tra le mura di piazza Filangieri per un breve colloquio. Due chiacchiere meste, racconta chi li ha visti, senza sussulti, però. Era dentro da un mese, dal 22 giugno, Daniele L., arrestato per rapina e detenuto in attesa di giudizio, una fedina penale non zeppa di precedenti, nonostante i cronici problemi con le droghe.
Era in custodia cautelare, insomma, come migliaia di detenuti italiani non ancora condannati. Partecipava, come tutti, alle quotidiane discussioni sull'indulto, al provvedimento di clemenza che in queste ore sta aizzando la discussione in Parlamento, mettendo anche a rischio la tenuta della maggioranza di governo: il fermento nelle carceri è grande, le polemiche politiche sull'opportunità o meno di uno svuotamento non fanno altro che aumentare la tensione tra i detenuti.
Daniele, peraltro, non aveva particolari aspettative, dato che il suo caso era comunque fuori da quelli considerati nel testo all'esame della Camera. Tensioni e polemiche destinate a montare dopo l'ennesimo dramma.
La notizia è arrivata come una mazzata tra detenuti e agenti, e non solo a San Vittore. Nel mese in cui era stato dentro, Daniele L. aveva partecipato alle attività del Coc, aveva provato a integrarsi con i compagni di cella. Soprattutto, non aveva dato nessun segnale delle sue intenzioni. Visibilmente scossa Gloria Manzelli, direttrice dell'istituto penitenziario di piazza Filangieri, che non ha voluto commentare l'episodio.
Provato anche Luigi Pagano, provveditore regionale all'amministrazione penitenziaria ed ex direttore di San Vittore: "Sono pugni allo stomaco per tutti noi che lavoriamo nelle carceri - mormora - ti chiedi sempre se hai fatto abbastanza, se avresti potuto prevedere o capire il disagio. Anche se queste sono domande, che purtroppo, ti fai sempre dopo".