Tragedia dietro le sbarre.
Nel silenzio di una cella, con gli altri detenuti che dormivano, si è messo un sacchetto in testa e si è soffocato. Il metodo classico dei suicidi in carcere. Simon Lleshaj era un albanese di 36 anni. Quando è stato trovato esanime era ormai troppo tardi.
Era clandestino ed era stato riconosciuto come uno spacciatore di droga. Era stato condannato con sentenza passata in giudicato e sarebbe tornato completamente libero senza obblighi nel 2008.
"Quest'anno nel carcere di Vicenza è il primo suicidio - commenta Claudio Stella, anima dell'associazione Utopie Fattibili -. Tuttavia, con 260 detenuti, c'è un evidente sovraffollamento perché sono superiori di più del doppio, essendo il carcere di Vicenza previsto per 120-130 persone. Ma questo lo segnaliamo da tempo, anche se il problema non riguarda solo la nostra provincia".
Sul fatto che la morte di Simon Llesghaj sia stato un suicidio non ci sono dubbi. Le testimonianze raccolte dagli agenti penitenziari fra i colleghi di cella non lasciano dubbi. Il decesso è stato accertato l'altra mattina verso le 4.35. Il magistrato di turno, Marco Peraro, ha ordinato l'esame esterno della salma da parte del medico legale, che ha confermato la prima ipotesi degli inquirenti e del medico che compilato il certificato di morte. Nell'immediatezza dell'evento qualcuno aveva ipotizzato che fosse accaduto qualcosa di peggio, ma l'inchiesta l'ha escluso del tutto.
"Gli episodi di autolesionismo sono abbastanza ricorrenti in un carcere - continua Stella - proprio per le condizioni di grande prostrazione in cui i detenuti sono costretti a vivere. Oltre tutto, i dati nazionali sui suicidi sono allarmanti perché indicano un aumento".
Tra le cause, anche l'eterogeneità della popolazione carceraria. Le differenze sono sempre più pronunciate. Gran parte dei carcerati sono stranieri. "Anche Vicenza non sfugge a questa regola - continua Stella - e non c'è verso di invertire la tendenza in presenza di una politica edilizia carceraria che non affronta questo problema".
Il fenomeno del suicidio in carcere viene costantemente studiato e da alcuni osservatori è descritto "come devianza che si manifesta non tanto attraverso la condotta "criminale", quanto nella forma della condotta del "folle", cioè del deviante delle "norme residuali".
Al di là delle definizioni che lasciano il tempo che trovano, resta il fatto che Lleshaj, al di là delle responsabilità per le quali stava pagando col carcere, in un momento di disperazione ha deciso di farla finita.