In carcere si muore. Per malattia, per overdose e soprattutto per una scelta volontaria. Nei mesi estivi sono stati registrati 20 decessi nelle case di reclusione italiane, tra questi 12 suicidi. La metà dei detenuti aveva un'età inferiore ai 30 anni. Sui documenti d'identità solo cognomi italiani. "I giovani reggono meno la reclusione. Sono meno temprati degli altri detenuti". La condizione dei detenuti Francesco Morelli la conosce ormai da 15 anni. La vive tutti i giorni sulla propria pelle. Lui sta dietro le sbarre. "Una persona in carcere da 20 anni è rassegnata alla vita negli istituti penitenziari - prosegue Morelli. Il carcere a lungo andare ti indurisce. Più complessa è la situazione dei condannati alla 41bis, il massimo della pena. A loro mancano le prospettive e piuttosto che morire di vecchiaia preferiscono togliersi la vita". A Padova, nell'Istituto di detenzione Due Palazzi, Francesco Morelli si occupa di Ristretti Orizzonti, una rivista nata nel 1998, e dal 2000 è responsabile del Centro studi.
"Ormai da 3 anni lavoriamo ogni mese alla realizzazione del Dossier "Morire di carcere" - spiega. Raccogliamo i casi apparsi sui giornali, siamo arrivati a contarne quasi 500". Si ammazza chi è condannato a pene lievi, si trova in carcere per scontare la prima pene o è in attesa di giudizio. La motivazione che spinge i giovani a togliersi la vita non è la paura della pena da affrontare, ma convivere con l'incertezza. "Ogni suicidio è un caso a sé. Tra gli stranieri (un terzo della popolazione carceraria italiana, ndr) sono più diffusi gli atti di autolesionismo. I nostri connazionali invece si tolgono la vita". La fascia dei detenuti a rischio va dai 25 ai 35 anni. E le cause del decesso non sempre sono evidenti. È di oggi la notizia che il Tribunale di Genova ha espresso un verdetto di archiviazione per un caso che risale 2003. "Marcello Lonzi aveva 23 anni quando l'hanno trovato sanguinante in una cella del carcere di Livorno - dice Francesco Morelli. Dalle foto direi morto per le botte ricevute. Ma per i giudici si tratta di morte naturale".
Cala il silenzio sulle reali condizioni dei detenuti. "La morte in carcere è un gesto di ribellione -commenta Sergio Segio, del Gruppo Abele, associazione torinese che sostiene le persone in difficoltà. Oltre la metà dei suicidi avviene nei primi sei mesi di cella. Ci sono anche casi classificati come suicidi, per non dire che si muore di droga o si pratica lo sniffing con la bomboletta del gas". Michele, 21 anni, è morto in agosto nell'Istituto penitenziario di Foggia, era entrato il 20 luglio. Non ha resistito neppure un mese. Morti diverse, spesso "Sono situazioni invisibili, notizie che non forano le maglie dell'informazione - conclude Segio. Ancor meno notizia fanno le morti degli immigrati. Il carcere per loro è ancor di più senza speranza. Non godono neppure delle misure alternative".