"Un disastro". Rischio di prescrizione dei reati e di scarcerazione di pericolosi criminali, certezza di allungare i tempi della giustizia e, paradosso finale, l'inquietante eventualità che una norma della legge creata per combattere il terrorismo possa avere ricadute negative anche sui processi con imputati che rispondono di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo. È l'allarme lanciato dalla Procura di Milano, impegnata da anni alla lotta contro la corruzione, la criminalità organizzata e l'eversione di qualsiasi matrice. Ed è proprio il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, che coordina il pool di magistrati che indagano sul terrorismo, a spiegare i rischi che si annidano nell'articolo 17 della legge Pisanu.
"Dalle norme sull'impiego della polizia giudiziaria (art. 17), immediatamente deriva la impossibilità di utilizzare il personale di polizia giudiziaria per la citazione a giudizio degli imputati dinanzi al Giudice di Pace, per i compiti di partecipazione alle udienze dibattimentali dinanzi allo stesso Giudice di Pace - spiega Spataro all'Adnkronos - e al Tribunale in veste monocratica, nonché a parte delle attività di notificazione, tra cui quelle nei giudizi avanti ai Tribunali per il Riesame, le cui procedure, come è noto, sono caratterizzate da termini ristrettissimi e perentori".
"È astrattamente comprensibile ogni sforzo teso ad assicurare il massimo di energie alla prevenzione e al contrasto del terrorismo e, comunque, l'utilizzo della Polizia Giudiziaria per compiti d'istituto, ma - sottolinea Spataro - in concreto, nella perdurante assenza di interventi normativi e organizzativi che valgano a compensare la conseguente sottrazione di personale all'ordinaria attività degli uffici giudiziari, la scelta rischia di apparire demagogica e determinerà, comunque, un ulteriore e immediato vulnus alla loro funzionalità, con ricadute negative anche nella gestione delle indagini e dei dibattimenti per reati di terrorismo". Il rischio è di "un disastro" per procedimenti che sono costati proprio tanta fatica alla polizia giudiziaria e alle altre forze dell'ordine per arrestare presunti terroristi.
Replica a Spataro il presidente della commissione Giustizia della Camera, Gaetano Pecorella: "Era inevitabile che un magistrato da sempre schierato politicamente insieme all'opposizione trovasse il modo di accusare il decreto Pisanu di avere un effetto criminogeno. Mi sembra una presa di posizione assolutamente fuori luogo. Vorrei ricordare a Spataro che anche l'opposizione non si è schierata contro il provvedimento".
Parla di "influenza sui termini della prescrizione e di rischio di estinzione del reato" Corrado Carnevali, procuratore aggiunto del dipartimento che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. "Non lavoriamo più in tempi brevi - commenta l'alto magistrato all'Adnkronos -. La stragrande maggioranza degli ufficiali giudiziari espleta il servizio a mezzo posta con il risultato che le cartoline tornano indietro e che la notifica si deve ripetere. Tutti i procedimenti rischiano di essere protratti nel tempo perché il meccanismo deve essere perfetto e il pm deve avere la prova che l'atto sia stato ricevuto".
Lancia un allarme anche più forte Ferdinando Pomarici, procuratore aggiunto e coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. "Non faremo più processi - afferma all'Adnkronos - e il rischio è che pericolosissimi narcotrafficanti e mafiosi escano di prigione per la scadenza dei termini. Gli ufficiali giudiziari già adesso restituiscono a distanza di mesi l'attestazione dell'avvenuta notifica". Proprio per questo il pericolo incombe su processi come quelli nei confronti della criminalità organizzata "che hanno centinaia di faldoni di indagine con decine e decine di imputati. Quando si concludono le indagini si devono notificare a tutti i difensori e a tutti gli imputati, a volte detenuti in diverse carceri in Italia, e solo quando il pm ha la conferma che tutti sono stati avvisati potrà presentare, dopo aver fatto trascorrere 20 giorni previsti per legge, la richiesta di rinvio a giudizio al giudice". Secondo Pomarici "è giusto il principio per cui la Polizia Giudiziaria faccia solo il suo lavoro, ma bisogna almeno raddoppiare l'organico degli ufficiali giudiziari".