Lo hanno trovato alle 8 e mezza di ieri mattina. Le lenzuola strette attorno al collo, penzoloni nel bagno del Centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria a Roma. Il sangue gli colava dalla bocca, quasi non respirava. Gli altri immigrati rinchiusi nel centro hanno chiamato la polizia. Alla fine tutto è finito bene. Ora Lazak Kamrouol, 24 anni del Bangladesh, è ricoverato nel reparto psichiatrico del Forlanini. È ancora in stato confusionale, ma per fortuna non ha subito contraccolpi gravi a causa del tentato suicidio. Tuttavia ci è voluto che si stringesse le lenzuola attorno al collo per far venire a galla una vicenda poco chiara. Gli altri bangladeshi rinchiusi nel Centro di permanenza sono da ieri mattina in sciopero della fame per protesta. Il ragazzo non è in grado di dire cosa lo abbia spinto a provare ad uccidersi.
L'unica cosa che si riesce a capire è che non vuole ritornare in Bangladesh, dove invece sta per essere rimandato. "Problemi politici", dice in un inglese stentato. Lazak ha fatto richiesta di asilo politico, ma la commissione territoriale che lo ha esaminato non ha trovato elementi per poter concedere lo status di rifugiato. Né a lui né agli altri 34 uomini del Bangladesh che sono arrivati con Lazak il 28 maggio a Lampedusa. Perché il lato più oscuro di questa storia gioca proprio sulle date. Una per tutte: Lazak e gli altri sono sbarcati a Lampedusa il 28 maggio. Questo vuol dire che sono passati più di due mesi da quando sono arrivati in Italia, e finora non hanno fatto altro che passare da un campo all'altro, da un centro di identificazione a un centro di permanenza. E alla fine di tutta questa trafila la risposta per tutti è stata l'espulsione.
Ma non finisce qui, perché le date non tornano neanche sulle convalide delle espulsioni. I bangladeshi hanno chiesto asilo politico a Caltanissetta, tra il 9 e il 27 luglio sono arrivate le risposte, negative per tutti. Ma il giudice lo hanno visto una sola volta: l'8 agosto a Roma. "I documenti che riguardano i 7 del gruppo che ho assistito - spiega l'avvocato Simona Sinopoli - sono contraddittori. Da una parte c'è scritto che la notifica dell'espulsione è stata fatta il 5 agosto, e quindi i conti tornerebbero poiché la convalida del giudice deve intervenire al massimo entro 96 ore. Ma da un'altra parte c'è scritto che la notifica è stata fatta il 27 luglio, giorno in cui è stata decisa l'espulsione, il che sarebbe per altro logico. Allora mi chiedo, com'è possibile che siano passati 11 giorni prima che queste persone abbiano potuto vedere un giudice? Oppure dove erano tra il 27 luglio e il 5 agosto?".
Per un bangladeshi che appartiene allo stesso gruppo il giudice ha deciso la sospensione dell'espulsione appena si è accorto di questa incongruenza. Per uno solo però e non per tutti. Per gli altri tra cui Lazak le espulsioni erano già state convalidate, quindi pazienza. Come se non bastasse la vicenda dello sfortunato gruppo di bangladeshi era già stata presa in considerazione dall'europarlamentare della sinistra europea Giusto Catania, che li aveva incontrati tutti nel Centro di identificazione di Caltanissetta, e sul loro caso ha presentato un esposto alla procura, che ha aperto una indagine. Poi arrivarono le espulsioni e il trasferimento a Ponte Galeria.
Proprio martedì scorso Lazak è stato portato fino a Fiumicino per l'espulsione. Ma problemi tecnici dell'aereo avrebbero impedito che l'espulsione si compisse. Comunque, Lazak aveva capito che il rimpatrio era a un passo. E lui in Bangladesh proprio non vuole tornare. "Appartiene a un gruppo politico in Bangladesh che si trova all'opposizione - racconta Baciu, dell'associazione Duumchatu - se torna in Bangladesh potrebbe rischiare la prigione". Secondo l'associazione tra il gruppo di bangladeshi ci sarebbero anche persone colpite dallo tsunami. Neanche a loro è stata concessa la protezione umanitaria.