Fine legislatura, tempo di bilanci e magari di programmi. Anche sul comparto del carcere.
Un bilancio tragico, come indicano le cifre: nel mese di giugno 2005 nuovo record di sovraffollamento, con oltre 59.000 detenuti presenti (cui vanno sommati i circa 50.000 in esecuzione penale esterna). Cresce in parallelo e in proporzione il disastro sanitario, con il 7,5% dei detenuti sieropositivi, il 38% positivi al test per l'epatite C e il 50% a quello dell'epatite B, mentre il 7% presenta l'infezione in atto e il 18% risulta positivo al test della TBC. Dati che, per lo stesso Istituto superiore di sanità che li ha forniti, sarebbero sottostimati. Secondo i medici penitenziari, invece, nel 2004 nelle carceri si sono verificati 52 suicidi, 1.110 tentati suicidi, 6.450 scioperi della fame, 4.850 episodi di autolesionismo. Ma, con l'attuale ministero, anche i numeri sono diventati materia opinabile: i suicidi di detenuti dall'inizio del 2005 al 10 giugno sono 30 secondo le associazioni, mentre per l'amministrazione penitenziaria assommerebbero a 25.
Il ministro Castelli, che sinora aveva finto di nulla, dedicando centralità e risorse alla sola edilizia penitenziaria e imputando i problemi ai lasciti del centrosinistra, ha dovuto infine parlare di "situazione allarmante", pur se, a suo dire, "non gravissima". Sarà per ciò che il Guardasigilli sottolinea che il numero dei reclusi dovrebbe essere più alto (400.000, per essere al livello degli USA) e se non lo è, è solo perché le nostre politiche non sono "ancora" sufficientemente severe; in ogni modo, per Castelli, "le persone che sono in carcere qualcosa hanno combinato e ora danno meno fastidio ai cittadini". Sulla stessa linea lo segue don Giorgio Caniato, capo dei cappellani delle carceri, secondo il quale il problema non è il sovraffollamento ma il fatto che "la gente ammazza, ruba e fa cose orrende". E di conseguenza, dice Caniato, "per fortuna i detenuti aumentano".
Una vera fortuna, soprattutto per i costruttori di penitenziari, settore su cui ora indaga la magistratura. E non si può non vedere quanto il governo e le forze del centrodestra si siano mossi con coerenza e determinazione nello sforzo di aumentare il numero dei detenuti e irrigidire il trattamento penitenziario.
1) La legge sulle droghe, fortemente voluta da Gianfranco Fini e AN, se sciaguratamente venisse approvata in questo scorcio di legislatura, da sola porterebbe a un enorme incremento delle presenze in carcere, attraverso il rialzo delle pene, l'equiparazione delle droghe leggere a quelle pesanti e la presunzione di spaccio.
2) Non meno devastanti risultati produrrebbe il varo della proposta di legge n. 2055, detta ex Cirielli (da Edmondo Cirielli, deputato di AN, che ha ritirato la firma), ora chiamata Vitali (da Luigi Vitali, deputato di FI, promosso sottosegretario alla Giustizia) ma meglio conosciuta come "Salva-Previti". Condensa la visione penale e classista del centrodestra, imperniata sul "doppio binario" in base al quale verranno concesse attenuanti e prescrizioni agli incensurati quali appunto Cesare Previti, mentre verranno pesantemente aumentate le pene e ridotte le possibilità di misure alternative nei confronti dei recidivi, vale a dire per la gran parte dei detenuti, costituita da tossicodipendenti e immigrati. La proposta, approvata dalla Camera il 16 dicembre 2004, attende l'esame del Senato. Secondo Antigone, porterebbe a nuovi 20.000 detenuti. La logica sottesa è quella già portata avanti con la legge Cirami sul legittimo sospetto, approvata nel 2002 e con la legge di depenalizzazione del falso in bilancio, varata l'anno precedente. Massimo del rigore verso gli emarginati, impunità per i potenti.
3) In corsa anche la proposta di legge "Meduri" (dal nome del primo firmatario Renato Meduri di AN). n. 1184: "Delega al governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria". Già approvata al Senato il 14 luglio 2004 e, con modifiche, lo scorso 3 maggio dalla Camera, attende la seconda lettura di Palazzo Madama. Uno degli effetti sarà che gli attuali "Centri di servizio di servizio sociale", che sul territorio hanno competenza sui detenuti ammessi alle misure alternative, si trasformeranno in "Uffici di esecuzione penale esterna". La Camera ha aggiunto il termine "assistenza", ma la sostanza non muta: la direzione è quella di cancellare il sociale e rafforzare il penale, di valorizzare il controllo poliziesco a discapito del sostegno al reinserimento.
4) Nella medesima rotta sembrano indirizzate le proposte n. 2867 (di Gaetano Pecorella, FI) e n. 971 (Filippo Ascierto, AN), all'esame della commissione Giustizia della Camera: "Delega al governo per la riforma del Corpo di polizia penitenziaria". Vogliono sottrarre all'autorità dei direttori dei carceri la polizia penitenziaria, istituendo una specifica e autonoma Direzione Generale del Corpo della polizia penitenziaria all'interno del ministero. Evidenti gli effetti di militarizzazione delle carceri.
5) Meno conosciute, ma non meno sintomatiche della cultura del centrodestra, sono la proposta di legge n. 3458 della Lega (primo firmatario Guido Rossi): "Introduzione del lavoro civico non retribuito per i detenuti ai fini della riduzione della pena", secondo la quale ogni giorno di lavoro gratuito cui "volontariamente" si sottomettesse il detenuto comporterebbe lo "sconto" di due giorni di pena, e quella n. 4946 di AN (primo firmatario Edmondo Cirielli): "Modifica dell'articolo 27 della Costituzione, in materia di responsabilità penale", che vuole limitare la funzione rieducativa della pena a favore di quella retributiva.
Viene da pensare che i 400.000 detenuti di cui ha parlato Castelli non siano una boutade, ma un vero e proprio obiettivo che, con queste e altre leggi, il centrodestra vorrebbe raggiungere. Più detenuti, più sicurezza, dicono. Ma soprattutto, più business.