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Bollate: 21enne muore impiccato, avvocato non crede a suicidio
Fonte: Ansa, 8 giugno 2005
8 giugno 2005

Un giovane detenuto del carcere di Bollate è stato trovato impiccato nel bagno del reparto in cui era stato portato soltanto il giorno prima, trasferito dal carcere milanese di San Vittore. Si tratta di Andrea Regondi di 21 anni, condannato a dieci mesi di reclusione per detenzione di stupefacenti. Regondi era finito in carcere perché aveva già goduto dei benefici della sospensione condizionale poco più di un anno fa quando subì un'altra condanna ad un anno per fatti analoghi.
Il suo legale, l'avvocato Francesco Elia, prenderà ora contatti con la direzione del carcere e chiederà l'autopsia per accertare le circostanze della morte. Secondo una prima valutazione si tratterebbe di suicidio, ma l'avvocato Elia chiede che vengano effettuati tutti gli accertamenti possibili in quanto nelle lettere scritte dal giovane alla convivente non emergeva alcuna volontà autodistruttiva. Ora la parola è al perito autoptico.

Antigone: suicidio a Bollate; fuori i tossicodipendenti dalle galere

"Un paese che definisce e tratta come un pericoloso criminale un giovane di ventuno anni, tossicodipendente condannato a dieci mesi per detenzione di sostanze stupefacenti è un paese incapace di distinguere tra questioni di rilevanza sociale e questioni di reale rilevanza criminale". A dichiararlo, commentando il suicidio del giovane trovato impiccato nella sua cella di Bollate, è Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone che chiede: "fuori i tossicodipendenti dalle galere". "Da mesi - sottolinea Gonnella - si discute, filosofeggiando, se un embrione è un essere umano e si è disposti a tutto pur di salvarlo, poi non ci si indigna se un giovane tossicodipendente finisce in galera per scontare pochi mesi e si ammazza.
Quel giovane doveva stare fuori dal carcere". "Ci sono oltre 15 mila tossicodipendenti accertati nelle carceri italiane - aggiunge il presidente di Antigone - molti dei quali condannati a pene brevi e quindi nei termini per accedere a misure alternative. Solo un decimo di essi è in trattamento metadonico. Queste persone non devono stare in carcere, devono essere affidate ai servizi delle tossicodipendenze del servizio sanitario nazionale perché siano sostenute nel percorso di recupero". "Invece - dice ancora - c'e ancora chi sostiene che con i tossicodipendenti ci vuole mano pesante". "L'unica speranza - conclude Gonnella - è che si rifletta e si cestini definitivamente la proposta di legge Fini sulle droghe che, se dovesse passare, aggraverebbe ulteriormente la situazione, riempiendo a dismisura le prigioni di tossicodipendenti".