Un solo carcere su dieci in Italia ospita un numero di detenuti che non supera quello dei posti disponibili. Il resto è sovraffollamento: quattro istituti su dieci hanno un tasso di presenza che si aggira attorno al 150%, in tre su dieci il tasso oscilla addirittura tra il 160 e il 180%, 2 su dieci sono sovraffollati fino al 130% della loro capienza regolamentare.
I dati raccolti sono il frutto delle visite che l'Osservatorio sulle condizione di detenzione dell'associazione Antigone ha messo in campo il 13 maggio in più di 30 prigioni, da Regina Coeli a San Vittore, da Genova Marassi a Trani, da Torino Le Vallette all'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Al sovraffollamento cronico, dalla crescita esponenziale, si è inserito un altro grave problema: il nuovo regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario, approvato nel settembre del 2000. Quello che prevedeva alcune modifiche strutturali volte ad "umanizzare" la vita carceraria, cui le carceri devono adeguarsi entro settembre di quest'anno.
Così accade che in un terzo delle carceri visitate, le finestre delle celle hanno schermature (proibite dal regolamento) che impediscono l'accesso di luce e aria; solo un quarto degli istituti ha le docce all'interno delle celle; solo un quinto delle prigioni o delle sezioni femminili ha il bidet e sempre un quinto delle carceri ha una la cucina che non serve più di duecento detenuti. Quanto agli spazi verdi dove i detenuti dovrebbero avere i colloqui con i familiari - anche questi previsti dal regolamento - le carceri che li hanno si contano sulla punta delle dita. E basta analizzare la "componente" sociale dei detenuti, che ormai sfiorano quota 58mila (record storico), per capire che siamo davanti ad una giustizia classista. Così ieri Antigone, durante l'assemblea annuale, ha presentato per la prima volta una piattaforma di discussione aperta ai "non addetti ai lavori": "Una proposta di riflessione che tenti di affrancarsi da un dibattito inquinato dalla nuova emergenza "niente è più come prima" post 11 settembre e dal permanere degli interessi con la giustizia penale del presidente del consiglio". Quest'anno - ha precisato Stefano Anastasia, presidente dell'associazione - l'esigenza era "mettere in circolazione delle idee" per rilanciare un progetto politico che ridefinisca i confini e i contenuti del diritto penale, che tenga conto della sicurezza come delle garanzie, dei diritti dei singoli come di quelli della collettività. "E questo perché oggi il sistema penale è spostato verso la repressione come dimostrano i fatti di questi giorni", ha spiegato Patrizio Gonnella, coordinatore di Antigone all'apertura dei lavori. Una piattaforma che sostiene la necessità di uscire "dall'emergenzialismo e dall'opportunismo, da un concetto di giustizia selettiva e iniqua per approdare ad una mite ed equilibrata". E per farlo, Antigone avanza proposte, tra cui la riduzione dei reati, il superamento dell'esclusività della pena carceraria, l'abbassamento dei massimi sanzionatori. Politiche di "depenalizzazione e scarcerizzazione" che potrebbero in primo luogo risolvere il problema più annoso, quello appunto del sovraffollamento, "e far scendere così il numero di presenze nelle carceri". Tra gli invitati all'assemblea anche il segretario del Prc Fausto Bertinotti, che nel suo intervento ricorda le cifre drammatiche della repressione e l'uso sconsiderato dei reati associativi contro i movimenti per condividere la piattaforma e rilanciare la necessità che questa "sia assunta dai partiti della coalizione". Auspicando un incontro tra il leader dell'Unione Prodi e Antigone: "Perché quello che non si può più fare è consentire alla politica una via di fuga". Proposta accolta anche Massimo Brutti, responsabile giustizia dei Ds.