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Giuseppe Uva: il Gip ricomincia dal primo testimone
Checchino Antonini
30 giugno 2014

Udienza preliminare senza fine. Il gip di Varese ha appena stabilito di risentire i testimoni prima di decidere se ci sarà un processo per omicidio contro i sei agenti e il carabiniere indagato per la morte di Giuseppe Uva, il 14 giugno del 2008. Nell'ordinanza emessa dopo alcune ore di camera di consiglio, il gip dispone l'ascolto di Alberto Biggioggero per il 14 luglio prossimo e la trascrizione della telefonata dichiarandosi impossibilitato «ad assumere qualsiasi decisione a fronte di un processo magmatico e spesso contraddittorio di emersione del materiale probatorio riversato nel fascicolo delle indagini preliminari». In altre parole si ricomincia proprio dal teste che per oltre cinque anni non è mai stato sentito dal primo pm di questa vicenda che, per evitare un processo di malapolizia, s'è speso per anni su un teorema di malasanità, accusando i medici dell'ospedale in cui spirò Giuseppe, smentito in ogni grado di giudizio. Alberto Biggioggero, l'amico di Giuseppe, fu fermato con lui quella notte, per la medesima presunta ubriachezza molesta e con Giuseppe finì nella caserma della polizia dove potè sentire le urla del suo amico.

L'altra teste è arrivata da pochi mesi grazie agli appelli di Chi l'ha visto? la trasmissione di Rai3. Il Gip vuole leggere la trascrizione della telefonata tra lei e Lucia Uva.

Nell'udienza preliminare a porte chiuse, la difesa dei tutori dell'ordine avrebbe provato a mettere sul banco degli imputati lo stile di vita di Uva e la relazione con la sua famiglia. Le prove che la parte civile sostiene di avere in mano parlano di tutt'altro fin da quando la sorella di Giuseppe, Lucia, fotografò il corpo di Giuseppe in obitorio.

Nel penultimo appuntamento, il pm che ha preso il posto di Agostino Abate, il contestato pubblico ministero della prima fase, è tornato a minimizzare la posizione dei sette chiedendo che venisse a cadere l'accusa di omicidio preterintenzionale e restasse quella più blanda di abuso di potere. Un abuso che, con ogni evidenza, arriva a provocare la morte.

Anche stavolta, ad attendere la decisione, c'era un presidio promosso da Acad, l'associazione contro gli abusi in divisa, e altri comitati che si battono per verità e giustizia.