Una nuova testimonianza. Prima resa alla trasmissione televisiva Chi l'ha visto, a quasi otto anni di distanza dai fatti, e poi ribadita alla Procura di Varese, che ha esteso l'accusa di omicidio preterintenzionale a due carabinieri e sei poliziotti non solo a quanto potrebbe essere accaduto nella caserma dei militari di Varese, ma anche a quanto si sarebbe verificato nell'ospedale di Circolo di Varese in cui Giuseppe Uva, 43 anni, morì il 14 giugno del 2008.
Nuove ombre su una vicenda sempre più intricata che ha messo l'una contro l'altro l'accusa (prima sostenuta dal pm Agostino Abate, poi sostituito) e l'avvocato dei familiari dell'artigiano, fermato quella notte perché trascinava ubriaco alcne transenne poste sulla strada, Fabio Anselmo. Quel che è certo è che la vicenda si risolverà comunque davanti a una Corte d'assise, perché uno dei carabinieri imputati ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato. "Vogliamo non ci siano ombre - ha spiegato il suo avvocato Fabio Schembri, già difensore di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba - E poiché da qualcuno sono state ipotizzate una serie di coperture, non vogliamo che in caso di assoluzione qualcuno torni a parlarne".
Processo subito, quindi, per il militare (la cui posizione è stata stralciata rispetto a quella degli altri). Mentre la sorella di Uva, Lucia, per la prima volta dopo sei anni, in seguito all'iniziativa della Procura, respira "aria di verità". Per sondare la credibilità della supertestimone, un'ausiliaria specializzata, gli inquirenti hanno anche compiuto un sopralluogo in ospedale. La donna non ha visto le botte, ma ha riferito: "C'era tutto questo frastuono, e dopo che sono andati via alcuni, mi è sembrato di vedere che sono andati via, ancora lo tenevano lo sorreggevano e uno mi è sembrato che ha detto... ho sentito che ha detto 'adesso la vuoi smettere? Altrimenti ti facciamo una menata di botte'. Sentii dire: ti facciamo una menata di botte".
Uva, riferisce, è portato in bagno. "Praticamente c'è la sala isolamento e la sala del bagno. Loro l'han preso o sono andati dentro. Io non lo so cosa...dentro quello - è riportato nella trascrizione - Io ho solo visto e sentito. E dopo quando sono usciti sorreggendo... loro lo tenevano, non gridava più e mi hanno detto 'prendi la barella'. Dico 'guardi la barella e' quì, l'hanno sdraiato e dopo non so... io ero ancora lì vicino a lui, e ho sentito dire 'mi hanno picchiato' il defunto il signor...".
"Mi hanno picchiato", avrebbe quindi detto Uva, e uno dei componenti delle forze dell'ordine avrebbe risposto: 'Ma va', ti sei picchiato da solo, hai battuto la testa vicino al muro". E secondo le testimonianze dei carabinieri, Uva, dopo l'intervento di due medici che avevano disposto il suo tso (trattamento sanitario obbligatorio) avrebbe dato una testata a una vetrata, in caserma, prima di essere portato in ospedale. Non avrebbe trovato conferma nelle indagini effettuate ultimamente dalla Procura, invece, la voce che Uva avesse una relazione con la moglie di un carabiniere (da qui l'ipotizzato rancore verso l'artigiano). Non ci sarebbero riscontri della frequentazione e chi ne ha parlato si sarebbe rivelato inattendibile.