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Caso Cucchi; la Cassazione rimanda a nuovo processo dirigente Prap assolto in appello
Fonte: Ansa, 21 gennaio 2014
21 gennaio 2014

Ci sono dei "vizi" in alcuni passaggi della sentenza di assoluzione in appello di Claudio Marchiandi, direttore dell'ufficio detenuti e del trattamento del Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria (Prap), dai reati di falso in atto pubblico, abuso di ufficio e favoreggiamento nel caso della morte di Stefano Cucchi. Per questo la Cassazione ha disposto un nuovo processo davanti ad un'altra sezione della Corte d'Appello, che "in piena libertà" dovrà "sorreggere il deliberato con motivazione conforme alle regole della logica e del diritto". La quinta sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso del Pg della Corte d'Appello di Roma contro i "capisaldi" della sentenza di assoluzione, che aveva ribaltato la condanna che gli era stata comminata con rito abbreviato. L'accusa nei confronti di Marchiandi era quella di avere concorso alla "falsa rappresentazione" delle reali condizioni di Stefano Cucchi, attestando che fossero meno gravi di quelle che erano in realtà, per consentire il suo ricovero al "Pertini" nell'ottobre del 2009 e di avere abusato del suo ufficio redigendo personalmente in ospedale in orario extra lavorativo la richiesta di disponibilità del posto letto, aiutando così gli agenti della penitenziaria ad eludere le investigazioni. Secondo la Cassazione - sentenza n. 2252, udienza del 17 ottobre 2013 - la corte d'appello avrebbe dovuto, come richiesto dalla procura generale nel ricorso, soffermarsi "sul protocollo della struttura complessa di medicina protetta", sottoscritto tra il provveditorato per le carceri e la Asl, che secondo l'accusa prevedeva solo ricoveri programmabili, escludendo invece i pazienti "in situazione di acuzie", come Cucchi. Inoltre, secondo la Corte non si può escludere, in base a quanto emerso nel processo - come invece hanno ritenuto i giudici di appello - che il dirigente fosse a conoscenza, seppure indirettamente (perché non lo aveva mai incontrato) delle reali situazioni di salute del detenuto. Infine, la Corte rileva come "non sia conforme a logica sostenere che il ricovero in uno struttura protetta comporti un'attenuazione dello stato di isolamento del detenuto", e che pertanto sarebbe stato illogico esporre Stefano dopo le presunte percosse subite a più sguardi, poiché la sicurezza dei reparti viene in questi casi comunque affidata alla polizia penitenziaria "in misura non diversa da quella che caratterizza gli istituti penitenziari".