Quasi in zona Cesarini, rispetto alla chiusura delle indagini prima dell'archiviazione definitiva, il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha avviato un'azione disciplinare nei confronti di Agostino Abate, pm titolare del procedimento sul caso di Giuseppe Uva, morto nel giugno 2008 dopo essere stato trattenuto per due ore e mezzo all'interno di una caserma dei carabinieri di Varese. Più volte i giudici hanno chiesto, invano (l'archiviazione scatterà il 31 dicembre), al pm varesino di condurre indagini adeguate su una morte che sembra essere maturata dopo il trattamento di polizia e carabinieri ai danni di un uomo che non doveva essere arrestato ma che invece fu "rapito" da una gazzella dei carabinieri, uno dei quali conosceva Uva e, stando a una testimonianza, disse che lo stava, appunto, cercando.
Il potentissimo pm varesino, però, ha sempre voluto trattare la storia come un caso di malasanità mettendo sotto processo, senza risultati, alcuni dei medici che presero Uva in carico dopo il transito in caserma. Nel mirino il mix di farmaci che ne avrebbe provocato la morte: l'accusa è omicidio colposo. Nell'autopsia non si parla di percosse, ma solo di lievi escoriazioni. L'amico "prelevato" con Uva, Alberto Bigioggero, aveva telefonato al 118 per segnalare il pestaggio dell'amico ma Abate non lo ha mai interrogato.
Pare che l'ostinazione dei familiari abbia irritato parecchio il magistrato varesino che, infatti, ha pensato bene di querelare la sorella di Giuseppe, la Iena Maurizio Casciari e il direttore di italia 1 per diffamazione aggravata a danno di appartenenti alle forze dell'ordine. Nella querela il pm sostiene che Uva non ha subito pestaggi ma le perizie parlano una lingua diversa. Almeno così la pensa Fabio Anselmo, il legale di Lucia Uva e di altre storie di malapolizia (da Aldrovandi a Cucchi, Ferrulli ecc...).
A scatenare la morte sarebbe stata una forte intossicazione etilica, misure di contenzione fisica, misure traumatiche di contenimento auto o etero prodotte, lividi sulla testa, in faccia, su mani e braccia prodotte dall'urto con uno e più corpi contundenti (attivi o passivi) e plurime escoriazioni. I jeans erano sporchi di sangue sul cavallo. Bigioggero ricorda le urla dell'amico quella notte in caserma. Giuseppe Uva soffriva di una malformazione cardiaca, prolasso della valvola mitralica, diventata letale a causa dello stress subito.
«Non sbagliava Lucia Uva quando chiedeva e chiedeva, e ancora chiedeva, che la Procura di Varese indagasse seriamente sulla morte del fratello Giuseppe. E non esagerava nel denunciare, quasi da sola, le responsabilità di chi non aveva nemmeno voluto ascoltare un testimone oculare e non aveva accertato quanto era davvero accaduto nella caserma dei carabinieri di Varese in quella notte di giugno del 2008 - commenta il senatore pd Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani a Palazzo Madama - finalmente l'operato del sostituto Agostino Abate arriva a un momento di verità. Il fascicolo con i risultati dell'indagine ministeriale è stato inviato alla Procura generale presso la Cassazione per la formulazione dei capi a lui imputati da sottoporre al giudizio della sezione disciplinare del Csm. Sapremo così se vi sia stata negligenza nel modo con cui il pm ha affrontato il caso della morte di Giuseppe Uva, come sembra emergere anche dai gravi rilievi con cui il gip del tribunale di Varese ha chiesto la riapertura delle indagini».