Né dove né perché. Non si conosce la causa della morte, non si sa dove il giovane si è spento. L'unica cosa che la madre ha visto con i suoi occhi sono stati i lividi che il figlio, quando era ancora vivo, aveva su tutto il corpo. "Lo picchiavano perché chiedeva di aprire l'acqua nel bagno della cella oppure perché non si sentiva bene". Incompatibile con il regime carcerario per i medici degli istituti di Velletri e Secondigliano, Federico Perna, 32 anni, muore a Poggioreale. È successo l'8 novembre scorso. Sua madre, Nobila Scafuro, aveva subito lanciato l'allarme. Troppi punti interrogativi e buchi nella dinamica di quanto accaduto. Soprattutto, troppe risposte mancanti quanto alla salute di Federico e troppe incongruenze con i pareri dei medici che avevano visitato il detenuto. Una storia cominciata e finita male. La madre che viene addirittura a sapere della morte del figlio con una lettera scritta da un compagno di cella. Cella dove vivevano in undici, nel padiglione Avellino. Così la signora segnala la vicenda alla redazione "Ristretti orizzonti", e ieri torna alla carica nella rubrica "Radio Carcere" di Radio Radicale.
L'avvocato Riccardo Arena, che cura la rubrica, punta sul problema di salute e sui due referti medici delle carceri di Velletri e di Secondigliano che avevano confermato la diagnosi: Federico era affetto da cirrosi epatica, aveva problemi circolatori e alla coagulazione del sangue. Aveva bisogno di un trapianto di fegato. Le sue condizioni fisiche lo rendevano incompatibile con la detenzione. "In uno dei due referti venivano pure diagnosticati alcuni problemi di natura psicologica, come una sindrome border line", continua l'avvocato Arena. Insomma, una situazione drammatica che mette il punto: Federico non poteva stare in carcere. "Federico - continua Arena - è stato trasferito nel carcere di Poggioreale, il più sovraffollato d'Italia se non d'Europa: i suoi ultimi momenti li ha passati in una cella di undici metri quadrati con altre undici persone. Non era la struttura detentiva dove portare un detenuto nelle sue condizioni". Denuncia la madre di Federico: "Non lo curavano, era imbottito di Valium, Rivotril e di farmaci passati dal Sert. Dormiva sempre e, quando non dormiva, spesso veniva picchiato. Questo non solo a Poggioreale ma anche in altre carceri dove ha soggiornato. Ovunque avvengono questi pestaggi, anche per futili motivi. A mio figlio - continua - capitò perché chiedeva aiuto in quanto non si sentiva bene, oppure perché voleva che gli aprissero l'acqua nel bagno della cella. Lo vedevo sempre pieno di lividi". Infine le ultime ore di Federico piene di misteri. "Le versioni sono diverse, dicono che è morto nell'infermeria del carcere di Poggioreale, di attacco cardiaco e senza la possibilità di essere salvato con il defibrillatore, poi - aggiunge la madre - ci dicono che è morto in ambulanza, poi ancora che è morto prima di essere caricato in ambulanza o addirittura in ospedale, e anche su questo ci hanno nominato più di una struttura possibile. Non sappiamo dove sia morto e il personale del carcere di Poggioreale non ci agevola dandoci le necessarie informazioni - spiega ancora la madre di Federico - quindi non sappiamo neanche dov'è. È stato torturato e ammazzato dallo Stato, così come gli altri morti di carcere a Poggioreale". Ora i familiari attendono i risultati dell'autopsia, che si è svolta giovedì 14 novembre, mentre sulla morte di Federico è stata aperta un'inchiesta con l'ipotesi di omicidio colposo.