Intervista al vice dell'Amministrazione penitenziaria. A lui il ministro Cancellieri si è rivolto per Giulia. "La struttura competente già monitorava il suo caso". "Ogni morte in carcere la vivo come una sconfitta. Ma lo è anche per la collettività".
Luigi Pagano, storico direttore di San Vittore e ex provveditore delle carceri lombarde, è il vice capo vicario del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. A lui e al collega Francesco Cascini, magistrato fuori ruolo, il ministro Annamaria Cancellieri si è rivolto per seguire il caso di Giulia Ligresti.
Ha qualcosa da rimproverare a sé stesso o altri?
Assolutamente no. Non credo che raccogliere informazioni sulle condizioni di un detenuto con problemi di salute o a potenziale rischio di autolesionismo sia una colpa. Anzi, è un nostro dovere, a qualsiasi livello e lo facciamo quotidianamente. Ogni segnalazione che dovesse arrivare al nostro ufficio viene raccolta, smistata e approfondita, a volte direttamente, altre attraverso le strutture territoriali o i singoli istituti. Nel caso specifico ho personalmente chiamato il provveditore regionale che mi ha confermato che la situazione era già conosciuta e sotto controllo.
Che tipo di istanze e richieste vi arrivano?
Di tutto un po'. Questioni di salute, trasferimenti, piccoli e grandi problemi. Le cose più disparate. Mi ricordo, ero ancora a Milano, di una lettera scritta completamente in arabo. È stata fatta tradurre, per comprendere il contenuto.
Avete avuto contatti diretti con la procura o l'ufficio gip di Torino?
No. Non abbiamo interloquito con i magistrati. Non ci intromettiamo nelle vicende giudiziarie, ci attiviamo solo per le nostre competenze.
Tutti i detenuti sono uguali, dice il ministro Cancellieri. Ma sembra che qualcuno sia più uguale degli altri. O no?
Le legge è uguale per tutti e i nostri interventi non li diversifichiamo per censo. Ma sono le condizioni personali e sociali a essere differenti, con le logiche conseguenze che ne derivano. Chi ha un avvocato, una famiglia e una casa credo abbia piu opportunita di chi non ne ha. Ma questo "peccato" se lo porta la società esterna, non lo determina il sistema carcere. È la povertà - come disse un magistrato quando venne approvata la legge Gozzini, nel 1986 - e non si elimina con decreto".
Allora va bene così?
Noi stiamo cercando di fare è una "rivoluzione normale", aderente alle norme, per creare condizioni che consentano a ogni detenuto di vivere una carcerazione dignitosa e Il ministro Cancellieri su questo fronte è molto attivo, si muove a 360 gradi, stimola a trovare soluzioni, firma protocolli con le regioni.
Eppure le carceri traboccano di storie disperate, di signori nessuno che non sanno a che santo rivolgersi...
È un sistema complesso e di sicuro non siamo esenti da difetti. Ma non dimentichi che si lavora con risorse limitate. E dobbiamo ancora fare i conti con la spending review e gli ulteriori tagli al personale e ai fondi. Nonostante questo stiamo conseguendo risultati significativi. Un esempio, San Vittore entro maggio scenderà al suo minimo storico di presenze.
Per un dramma evitato, come il ministro considera il caso di Giulia Ligresti, quest'anno ci sono stati 86 morti in carcere, tra suicidio, overdose, decessi per cause da accertare, malattia. L'ultima vittima è un uomo di 81 anni detenuto a Ferrara, in sciopero della fame, trovato senza vita in cella... Nessuno vi aveva messo al corrente?
Ripeto: le segnalazioni che ci arrivano sono continue e ci attiviamo per tutti. Il capodipartimento Giovanni Tamburino manda continue sollecitazioni e circolari agli istituti e ai provveditorati, affinché segnalino le situazioni critiche alle procure e ai giudici di sorveglianza, perché lo prevede la legge e perché c'è una particolare sensibilità. Siamo stanchi di essere visti come quelli "cinici". Ogni morte in carcere la sentiamo dentro, ma credo sia una sconfitta, per tutti.