Accordo raggiunto: l'ospedale 'Sandro Pertini' di Roma, struttura sanitaria nella quale Stefano Cucchi morì quattro anni fa durante il suo ricovero e una settimana dopo il suo arresto per droga, corrisponderà un risarcimento danni alla famiglia del geometra romano. "Quei medici hanno fatto gravissimi errori ma devono esser assicurati alla giustizia coloro che lo hanno pestato", ha detto Ilaria Cucchi nel quarto anniversario della morte del fratello commentando l'accordo con l'ospedale Sandro Pertini sul risarcimento.
L'intesa è stata formalizzata dall'avvocato Fabio Anselmo per conto della famiglia Cucchi con i legali del nosocomio romano. Grande riserbo sulle cifre in ballo, anche perché devono essere definiti gli ultimi dettagli. Domani o al massimo fra due giorni, saranno apposte le ultime firme.
Il risarcimento del danno porterà a una sorta di "contrazione" degli atti d'appello. Non ci sarà più la parte civile nei confronti dei medici (gli unici condannati, cinque su sei per omicidio colposo), mentre la famiglia Cucchi (padre, madre, sorella e nipoti) appellerà la parte della sentenza con la quale la III Corte d'assise di Roma assolse gli agenti della polizia penitenziaria. "Per noi non è importante il risarcimento ma il riconoscimento. E' come chiedere scusa - ha spiegato Giovanni Cucchi, padre di Stefano - E per questo lo accettiamo: un risarcimento serve ai vivi e non ai morti. Gli errori dei medici sono stati dimostrati ma noi non cerchiamo colpevoli o vendetta ma solo capire come tutto sia stato possibile. E per questo noi andremo avanti".
Secondo l'accusa, Stefano Cucchi era stato 'pestato' nelle celle di sicurezza della Città giudiziaria di Roma (dove si trovava in attesa dell'udienza di convalida del suo arresto per droga) e i medici del 'Pertini' lo avevano abbandonato a se stesso. Per la Corte - si legge nella sentenza di primo grado - il giovane morì di malnutrizione. "Senza quel pestaggio riconosciuto dalla stessa Corte Stefano non sarebbe morto - ha continuato Ilaria Cucchi - Abbiamo accettato soltanto con la garanzia del nostro avvocato Fabio Anselmo di poter continuare la nostra battaglia processuale contro gli agenti. Altrimenti non avremmo accettato nessuna somma. Abbiamo dato mandato al nostro avvocato di rappresentare gli interessi della nostra famiglia - ha concluso la sorella di Stefano - Oggi‚ l'anniversario della morte di Stefano, possiamo dire che non avremo pace fino a quando non avremo verità e giustizia"
"Non chiedetemi le somme perché io le smentisco a prescindere. Ritengo che questo valzer di somme manchi di rispetto alla famiglia e a Stefano. Come se la sua vita avesse un valore. La famiglia Cucchi ha accettato il risarcimento offerto da Unipol per la sola responsabilità dei medici - ha detto l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi - La famiglia ha rifiutato qualsiasi somma che potesse essere messa in relazione a quanto sofferto da Stefano per il pestaggio subito. La condizione essenziale è la possibilità per la famiglia di proseguire la sua battaglia giudiziaria nei confronti di coloro che pestandolo ne hanno causato la morte. La famiglia Cucchi ha mostrato abbastanza ritrosia ad accettare quest'ipotesi risarcitoria, ma io ho insistito anche in considerazione del fatto del ridimensionamento dell'imputazione avvenuto in primo grado, e nella prospettiva politica di approvazione di un'amnistia o di un indulto che stanno privando di fatto il processo Cucchi di qualsiasi significato - ha concluso l'avvocato - Noi andremo avanti come prima, la nostra è una battaglia dell'ovvio. Stefano è morto sicuramente per colpa dei medici che non lo hanno curato adeguatamente ma ribadisco: non sarebbe mai finito in ospedale se non fosse stato picchiato. Noi non ci arrendiamo".
"Aspettiamo delle risposte - ha proseguito il papà di Stefano - con tutte le prove che ci sono state non è ammesso che lo Stato non faccia luce sulle sue istituzioni. Vogliamo capire cosa è successo perché‚ Stefano deve essere un simbolo affinché‚ tutto questo non accada più". E a chi gli chiede se la sua famiglia fosse disposta ad accettare un risarcimento, nel caso fosse proposto, anche da parte degli agenti penitenziari, lui ha risposto: "Dobbiamo capire prima se lo Stato è capace di far luce su se stesso. Allora potremmo perdonare anche loro...".