Tensioni innescate dal rifiuto di un gruppo di immigrati a rientrare nelle stanze dopo la cerimonia di fine Ramadan. Chiusura del Ramadan turbolenta l'altra notte al Cie di Gradisca d'Isonzo. Gli agenti della polizia, in assetto antisommossa, hanno dovuto sparare alcuni lacrimogeni e usare i manganelli per avere ragione di un gruppo di immigrati che, al termine del Ramadan, non aveva alcuna intenzione di rientrare nelle proprie stanze ed aveva chiesto di rimanere negli spazi aperti del centro, anche per il grande caldo.
Nel parapiglia, anche per sfuggire ai gas, alcuni ospiti, utilizzando una sedia a rotelle che si trovava nei paraggi, hanno infranto una lastra in plexigas spessa 28 millimetri per cercare una via di fuga. C'è voluto un bel pò di tempo e una colluttazione tra agenti e ospiti per riportare la calma in un Cie, dove da tempo si levano segni di insofferenza da parte degli immigrati nonostante il numero sia ridotto a un terzo della capienza massima, stimata in 200 posti. A raccontare questa turbolenta notte - i fatti sono stati confermati anche da fonti interne del Cie - è stata la parlamentare di Sel Serena Pellegrino.
"È stata una notte indescrivibile quella vissuta al Cie di Gradisca d'Isonzo e che ha concluso il Ramadan: i racconti che le persone recluse mi hanno consegnato durante la mia visita alla struttura sono una testimonianza delle modalità inumane con cui è gestito il Centro. E io sento l'obbligo civile e morale di portar fuori da quel recinto, ormai simile ad un lager, questa ennesima storia di violenza e violazione dei diritti umani".
Questa la dichiarazione con cui Serena Pellegrino, deputata di Sel alla Camera, rilasciata al termine della visita fatta al Centro di identificazione ed espulsione e di Gradisca. "I detenuti, visto il caldo torrido di questo periodo e le condizioni bestiali in cui sono rinchiusi normalmente, hanno chiesto di poter stazionare nelle aree aperte anche al termine del Ramadan - racconta la Pellegrino.
Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: sono stati lanciati lacrimogeni e alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male, non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas". L'onorevole Pellegrino ha presenziato anche all'arrivo al Cara del gruppo di eritrei sbarcato sulle coste della Sicilia.
"Nessuno dei passeggeri voleva scendere dalla corriera - dice -: la loro intenzione era ed è quella di transitare oltre l'Italia verso altri Paesi europei. Messo piede a terra, sapevano di essere immediatamente schedati, e che questo avrebbe determinato l'immediato rientro in Italia qualunque fosse la destinazione raggiunta. Quel che dicevano era che si sarebbero fatti tagliare le mani piuttosto che farsi prendere le impronte digitali".
Dopo è stato raggiunto un accordo con la Questura. "Si sono fidati - dice la Pellegrino, sono scesi e sono stati accolti - si fa per dire visto che in realtà sono stati ammucchiati uno sull'altro - al Centro. Mi auguro possano ripartire quanto prima, del resto sono consapevoli che il nostro Paese non offre loro alcuna possibilità". La Pellegrino ha riportato immediatamente la propria testimonianza alla Presidenza della Camera dei deputati, denunciando l'accaduto e sollecitando le opportune discussioni e iniziative alla ripresa dell'attività parlamentare.
Pellegrino (Sel): chiesto incontro con prefetto di Gorizia
"Ho richiesto un incontro urgente al Prefetto Marrosu per trovare una soluzione dopo gli episodi della scorsa notte. La situazione al Cie di Gradisca è al limite e le condizioni di vita sono durissime. Oltre allo stress e ai disagi di questa situazione detentiva si aggiunge il caldo insopportabile". Lo dichiara in una nota la deputata di Sinistra e Libertà Serena Pellegrino, entrando in Prefettura a Gorizia, dopo la notte di tensione al Cie di Gradisca.
"I migranti hanno avanzato ulteriori richieste rispetto a quella iniziale, di poter cioè permanere all'aperto durante la notte anche dopo la fine del Ramadam, e la riduzione del periodo di reclusione che, solo al Cie di Gradisca, è di 18 mesi. È assolutamente necessario - continua Pellegrino - garantire i principi umanitari e la tutela dei diritti civili in questo luogo di disperazione. Diritti che riguardano tutti: detenuti e forze dell'ordine".
Anche il Cara in affanno dopo l'arrivo di 40 richiedenti asilo eritrei
Per operatori e forze dell'ordine si è aggiunta poi anche una difficile situazione venutasi a creare nell'adiacente Cara, il centro per richiedenti asilo politico. Era da poche ore finito il parapiglia al Cie, che dalla Sicilia sono arrivati una quarantina di clandestini di nazionalità eritrea sbarcati nei giorni scorsi a Lampedusa. Il gruppo, tra loro c'era anche una giovane incinta, non voleva scendere dalla corriera perché non volevano essere schedati: il loro obiettivo non era l'Italia ma altri paesi europei e quindi temevano di non poter lasciare il nostro territorio.
Sono rimasti per ore a bordo della corriera mentre iniziava una lunga mediazione con le autorità e solo l'intervento della Questura ha permesso di sbloccare la situazione. Al gruppo degli eritrei è stato assicurato che sarebbero evitate le consuete procedure previste: sarebbero stati provvisti di un documento con fotografia e generalità, idoneo a riprendere il viaggio in territorio italiano verso l'estero. Intanto il ministero dell'Interno, proprio per i continui sbarchi di immigrati sulle coste della Sicilia e della Calabria, ha quasi raddoppiato il numero dei posti disponibili al Cara portandoli da 138 a 204. Questo significa che nei prossimi giorni potrebbero arrivare a Gradisca d'Isonzo, che ha uno dei centri per immigrati più grandi d'Italia, altri gruppi di extracomunitari.