"Non è possibile morire in carcere a soli 22 anni, voglio la verità". Se le parole di Giovanna D'Aiello, 47 anni, nascano dal dolore o da prove concrete lo potrà dire solo l'autopsia. Per ora, di certo, c'è solo che Francesco Smeragliuolo, finito dietro le sbarre due mesi fa per rapina, è morto lo scorso 8 giugno in una delle celle della casa circondariale di Monza, in via Sanquirico. Le carte parlano di arresto cardiocircolatorio, ma la madre, impiegata in una casa di riposo di Muggiò, in provincia di Monza, non ci crede.
Dice che suo figlio stava bene, che era sano e anche che con la droga aveva iniziato ad andarci piano. Così, superata la disperazione dei primi giorni dopo la morte, ha deciso di vederci chiaro e ha chiesto aiuto. Prima al garante dei diritti dei detenuti del carcere di Monza, Giorgio Bertazzini, e poi anche all'Osservatorio permanente sulle morti in carcere. Francesco Smeragliuolo aveva alle spalle una situazione famigliare difficile: un fratello più piccolo già in comunità, una madre costretta a farsi in quattro per mandare avanti la famiglia e troppo tempo a disposizione per frequentare brutte compagnie.
Il primo maggio i carabinieri lo avevano arrestato dopo una rapina in una farmacia a Binzago. Aveva cercato di scappare, ma alla fine di un lungo inseguimento i militari gli avevano stretto le manette attorno ai polsi a Cormano, dove il giovane aveva concluso la sua corsa contro un muro. Francesco, nonostante la giovane età, era già stato in carcere. Anzi, ne era uscito solo un mese prima, ma secondo la madre le cattive abitudine del figlio non giustificano una morte a 22 anni per infarto. Dice persino che sarebbe stato picchiato dopo l'arresto, ma aggiunge di non avere alcun referto medico che provi le percosse. "Mio figlio è entrato in carcere a maggio e dopo nemmeno 20 giorni aveva già perso 10-12 chili - spiega la donna -. L'ho visto durante l'ultimo colloquio, ho chiesto che lo aiutassero perché stava deperendo, ma non capisco come sia potuto morire così, non soffriva di cuore".
Per fare luce sul caso si sta muovendo il garante del carcere di Monza. "Ho ricevuto una mail da parte della signora Aiello - dice Bertazzini. Per ora posso solo dire che la convocherò nei prossimi giorni per un incontro. Voglio capire se effettivamente esistono degli elementi concreti per aprire un'inchiesta sulla morte di questo ragazzo".
In Procura, a Monza, sono in attesa dei risultati dell'autopsia, così come la direttrice del carcere, Maria Pitaniello. Il procuratore capo, Corrado Carnevali, e il pm che sta seguendo il caso, Salvatore Bellomo, dicono che per il momento non hanno elementi tali da far pensare a qualcosa di diverso da una morte accidentale. Secondo i primi accertamenti effettuati subito dopo il decesso sembrerebbe che i soccorsi siano stati tempestivi e che quando la madre è accorsa all'ospedale San Gerardo, dove il ragazzo era stato trasportato dal 118, il figlio fosse già morto.