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Giuseppe Uva, adesso la protesta viaggia sulla "500"
Roberto Rotondo
3 giugno 2013

Non si può dire che manchi la determinazione a questa donna: Lucia Uva, 53 anni, da 5 anni chiede che sia riaperto il caso del fratello, morto nel 2008 all'ospedale di Varese , dopo una notte trascorsa nella caserma dei carabinieri. La procura, fino a questo momento, ha concluso che la morte dell'uomo è stata determinata da un errore medico. Ma il tribunale nel primo processo sul caso ha assolto uno psichiatra e ora sono davanti al gup di Varese altri due medici. Lucia Uva non è convinta, e in tutte le sedi, da anni, urla la sua verità, e cioè che Giuseppe, secondo lei, fu picchiato da poliziotti e carabinieri (otto per la precisione) che quella notte furono chiamati per l'intervento in caserma.

TUTTA LA VICENDA IN SINTESI

Lucia Uva, oggi, è arrivata a una forma di protesta ancora più plateale. Si è presentata, alle 12, davanti al tribunale, con una Fiat 500 completamente tappezzata di scritte: «Noi vogliamo giustizia». Sul cofano, sui paraurti, sulle portiere, le facce di una serie di uomini e donne morti, in Italia, in circostanze misteriose o comunque violente. Da Fausto e Iaio, militanti del centro sociale Leoncavallo assassinati nel 1978 a Milano, a Valerio Verbano, ucciso in casa da estremisti di destra nel 1980 (caso ancora irrisolto), fino a Carlo Giuliani, per passare poi ad altri casi di morti dopo arresto, come Federico Aldrovandi o Stefano Cucchi. «Guardate che cosa deve fare una donna di 53 anni per avere la giustizia che si merita» ha urlato Lucia, davanti al palazzo di Giustizia, sotto gli occhi esterrefatti dei passanti. «Da oggi girerò con quest'auto - afferma - ci sono scritte realizzate su un bene privato, nessuno me le può far togliere, e così ogni viaggio sarà una protesta». La donna ha stretto la mano al procuratore capo Maurizio Grigo, incrociato in piazza. Un brevissimo colloquio, con una semplice battuta cordiale.

LE IENE
L'aspetto che colpisce di più di questa vicenda è la capacità di coinvolgimento che Lucia ha avuto rispetto al suo e ad altri casi. Ieri sera Le Iene hanno mandato in onda un servizio di 20 minuti sulla vicenda. La Uva e il giornalista Massimo Casciari di Mediaset sono infatti indagati per diffamazione di due carabinieri, dal pm titolare del fascicolo il sostituto procuratore Agostino Abate, ed è indagato per lo stesso reato anche un regista che ha realizzato un documentario sulla vicenda. Sarà anche l'eco mediatica del caso, ma questa mattina Lucia Uva è stata raggiunta da una donna che le ha consegnato delle donazioni per pagare gli avvocati. Solo per ritirare gli atti del fascicolo ha dovuto sborsare circa 2mila euro, raccolti con una sottoscrizione online. Poi Lucia ha preso i video degli interrogati di indagine e li ha riversati su youtube, dove sono tuttora visibili. Mentre parlava con i giornalisti l'autista di un camion che stava effettuando delle consegne si è fermato e le ha urlato: «Signora vada avanti, non si fermi». Ci sono poi interrogazioni parlamentari, appelli al ministro ed esposti al csm, e alla corte d'appello.