Lucia Uva non ce la fa neanche a parlare: "Mi stanno distruggendo la vita, mi sento morire". La sorella di Giuseppe Uva, morto il 14 giugno del 2008 a Varese, ha visto e subito troppe cose negli ultimi mesi. Una intricatissima vicenda giudiziaria che alla fine ha un solo risultato: Giuseppe Uva, che quella notte fu fermato dai carabinieri perché era ubriaco, rischia di non avere nessuna giustizia. Perché chi dovrebbe rappresentare lo Stato non ci ha neanche provato.
Stamattina, mentre il parlamento era in fibrillazione per l'elezione del presidente della Repubblica, alla Camera si svolgeva una affollatissima conferenza stampa, affollata anche di diversi parlamentari, di tutti gli schieramenti, che hanno voluto essere presenti. A organizzare l'appuntamento l'associazione A Buon Diritto, fondata da Luigi Manconi, senatore del Pd, da sempre attento osservatore e scrupoloso sostenitore della battaglia per avere verità e giustizia sui casi di "malapolizia" e sulla violenza nelle carceri e nei luoghi di detenzione. Ma c'erano anche Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, Grazia Serra, la nipote di Franco Mastrogiovanni, il maestro lucano morto dopo essere stato legato a un letto di contenzione per giorni in un ospedale psichiatrico. Tutti riuniti proprio in concomitanza con le solenni elezioni del capo dello Stato per accendere di nuovo i riflettori sulla malagisutizia e su come le violenze delle forze dell'ordine godano spesso in questo paese di una inaccetabile impunità.
Manconi il 17 aprile ha denunciato formalmente Agostino Abate il pm del cao Uva al Consiglio superiore della Magistratura. Il caso di Giuseppe rischia di essere un esempio gravissimo di come persino i tribunali e la giustizia possono procedere con atteggiamenti dubbi, senza che nessuno muova un dito. "Sono cinque anni che il dottor Abate nasconde le responsabilità di carabinieri e poliziotti dentro processi contro medici, tutti poi assolti, ed ora contro di me e due giornalisti delle Iene - il messaggio di Lucia Uva, che è stato letto da Patrizia Aldrovandi, perché Lucia non ce l'ha fatta -. Nonostante tutti abbiano capito chi siano veri responsabili della morte, nessuno interviene perché l'orgoglio del dott. Abate é più importante che rendere giustizia all'omicidio di una persona che non aveva fatto niente di male se non festeggiare a piedi, ubriaco, la vittoria calcistica dell'Italia. Mia figlia lo ha denunciato per favoreggiamento perché ormai é chiaro che il suo scopo é far prescrivere tutto.
Al procuratore generale di Milano non interessa ciò che sta accadendo perché evidentemente per lui non è importante che la morte di mio fratello venga coperta dalla prescrizione.
In fin dei conti chi era mio fratello? Non era nessuno".
Nessuno: chi ha potere e chi no. In breve, la storia è questa: non solo il pm ha perseguito esclusivamente i medici, senza indagare i carabinieri, e ha sempre perso in tribunale vedendo i medici assolti. Ma il fascicolo che era stato aperto a carico dei carabinieri, improvvisamente è diventato a carico di Lucia, indagata per diffamazione, facendo misteriosamente (dal punto di vista delle procedure giuridiche) sparire quei carabinieri a cui erano stati contestati in ipotesi alcuni capi di reato. Martedì si è svolto un ennesimo processo contro due medici: assolti. Ma il giudice ha chiesto notizie su quel famoso fascicolo, e ha avuto modo di appurare, come ha spiegato il pm Abate, che effettivamente in quel fascicolo sono iscritti alcuni carabinieri. E che sua intenzione è chiedere l'archiviazione. Ovviamente è ben strano che questo ormai noto fascicolo sia rimasto chiuso in un cassetto per anni. E che solo ora, su richiesta di un giudice, si venga a sapere che sì, presto verrà chiesta l'archiviazione. Può essere considerata una gestione alquanto acrobatica delle indagini, ne sono convinti gli avvocati della famiglia - Fabio Anselmo, Alessandra Pisa e Alessandro Gamberini - che hanno deciso di chiedere l'avocazione dell'indagine alla Procura generale di Milano. Il vice procuratore ne ha già respinte due: ma stavolta c'è un giudice che dice che esiste un fascicolo, con iscritti dei carabinieri. E su quel fascicolo, dicono gli avvocati della famiglia Uva, non solo non sono mai state fatte indagini, ma addirittura è stata iscritta la sorella di Giuseppe, per un reato che nulla c'entra con il presunto omicidio. Si vedrà come andrà a finire. Intanto tutti i parlamentari intervenuti, e anche gli "ex" come la Radicale Rita Bernardini, hanno sottolineato come questa potrebbe essere una legislatura in cui affrontare temi che da dieci anni vengono posti con forza da parte dell'opinione pubblica: la riforma della Bossi-Fini, della Fini-Giovanardi, della ex Cirielli, l'introduzione del reato di tortura. Giulia Sardi, una parlamentare del Movimento 5 Stelle, si è detta aperta a "un tavolo di confronto", sottolineando che bisogna lavorare per rendere "questa legislatura proficua". Certo, le premesse ci sarebbero, ma per ora non ci sono orizzonti di maggioranza.
Della sua esperienza personale ha parlato anche Melania Rizzoli, che da due anni segue con attenzione il caso di Stefano Cucchi e del sovraffolamento nelle carceri: ora si trova dall'altra parte della barricata, a sperimentare le maglie strettissime del sistema giudiziario sulla custodia cautelare. Il marito, Angelo Rizzoli, imputato per bancarotta fraudolenta è in carcerazione preventiva nonostante soffra di gravi e documentate patologie.
"La storia di questi ultimi dodici anni poteva essere diversa, se solo la politica avesse deciso di fare alcune leggi e non altre - ha ammonito Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International - tutti ci dicono di stare attenti a non fare la fine della Grecia: io vi ricordo che in Ucraina nel 2012 ci sono state più di 114 mila le denunce per maltrattamenti da parte della polizia. Anche questa non è una bella fine". Per cominciare a cambiare si potrebbe unire le forze per fare luce sulla morte di Giuseppe Uva, almeno cominciare un processo su cosa accadde quella notte nella caserma dei carabinieri. Lucia Uva ha avviato una campagna su Change.org. Per firmare la petizione: cliccare qui