Sono passati quasi dieci anni e giustizia non è stata ancora fatta. Marzo 2003. Marcello Lonzi aveva ventinove anni quando fu arrestato per tentato furto. Lo condannarono a nove mesi di reclusione. Dopo quattro mesi Marcello non c'era più. Era l'11 luglio 2003. L'inchiesta della procura si chiuse l'anno dopo. Lonzi era stato stroncato da un infarto, era morto «per cause naturali. Aritmia cardiaca».
Maria Ciuffi, la madre di Marcello, a questa versione non c'ha mai creduto. La donna ha sempre sostenuto che suo figlio morì in seguito a un pestaggio in cella.
«Sono entrata in possesso della perizia e grazie alla riesumazione della salma di mio figlio, avvenuta nel 2006. Ho scoperto che Marcello aveva otto costole rotte, due buchi in testa, un polso fratturato, quello sinistro, e addirittura è stata trovata nella pelle la vernice blu scura della cella. C'è qualcosa che non torna, semplicemente e tragicamente, anche dalle foto scattate sul corpo martoriato di mio figlio si vedono le botte e io voglio la verità» racconta Maria.
Nonostante l'evidenza delle fotografie e della perizia del medico legale il caso viene archiviato una prima volta su richiesta del magistrato Roberto Pennisi. Una seconda volta dalla procura di Genova (pm Roberto Fenizia). Una terza volta dal procuratore di Livorno Francesco De Leo, prima ancora che il sostituto procuratore Antonio Giaconi concluda la sua inchiesta.
Le foto sono raccapriccianti e limpide nella loro descrizione di quanto accaduto. La perizia lo è altrettanto. Riuscirà Maria Ciuffi ad ottenere giustizia per l'assassinio in carcere di suo figlio? Quello che lancia Maria è un appello a tutte le persone di buona volontà. Aiutando lei si aiuta la Giustizia e si fa un passo in avanti verso la Democrazia.