Ada Palmonella è una psicologa. Nel 2009 si occupava dei "nuovi giunti" a Regina Coeli. La mattina che prese servizio il 17 ottobre si accorse che tra le cartelle dei nuovi giunti mancava un numero di matricola. Uno di loro non era stato sottoposto a visita psicologica. La dottoressa chiese a chi appartenesse quel numero di matricola e perché non fosse stato sottoposto a quella visita. Il capoposto le disse che si trattava di tale Stefano Cucchi e che effettivamente non era stato sottoposto a visita psicologica perché «gli era sfuggito» nell'andirivieni dal carcere.
Eppure la cartella di "osservazione e sostegno" dello psicologo del carcere deve accompagnare i nuovi giunti in ogni spostamento. «Mi chiedo come mai al Pertini non si siano posti il problema della sua mancanza», dichiare per iscritto al psicologa ai legali della famiglia del giovane ucciso alla fine di un calvario di botte e mancate cure, tra carcere e ospedale.
Il processo è in corso nei confronti di un manipolo di medici, infermieri e agenti penitenziari nell'aula bunker di Rebibbia. Il colpo di scena di queste ultime ore è il rifiuto del senatore Marino di riferire alla corte, come consulente di parte civile, dei risultati dell'inchiesta parlamentare da lui presieduta nella passata legislatura.
Tra l'altro, proprio nelle carte della commissione, viene annotato il caso di un detenuto nelle medesime condizioni di Cucchi, pochi giorni dopo il decesso del trentunenne romano, che rifiutava cure e cibo nel disperato tentativo di comunicare con l'esterno. Proprio quello che tentò Stefano fino all'ultimo respiro. Stavolta l'esito sarebbe stato ben diverso: gli addetti ai lavori agirono, «con un certo zelo», non solo riuscì a comunicare col suo legale ma gli fu garantita la visita psichiatrica che a Cucchi fu negata.
Il mistero che si potrebbe chiarire nei prossimi giorni è sulle ragioni del diniego di Marino il quale era sembrato sempre piuttosto vicino alla famiglia al punto da volere e presiedere la commissione parlamentare sull'efficienza del servizio sanitario nazionale ma che ha deciso di annunciare a procura, corte e pm la rinuncia alla consulenza prima ancora di liquidare con poche righe la famiglia Cucchi.
L'esito della commissione, va ricordato, è piuttosto esplicito quando tratteggia una relazione diretta tra i traumi conseguenti al pestaggio, l'isolamento e la decisione del paziente detenuto di «organizzare una risposta opponendosi alla terapia». «Si è trascurato il fatto di indagare meglio la relazione tra trauma, condizione psicologica, attività metabolica, ovvero lo stato di salute complessivo», si legge negli atti. Secondo il dottor Pascali, perito della commissione e anche nell'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin, Cucchi era depresso rispetto alle condizioni in cui si trovava. Ma nessuno fece nulla per quel paziente semiparalizzato dalle vertebre rotte e che tentava di comunicare con l'esterno.