Rischia di essere ridotto ad un processo per omicidio colposo, paragonabile alle decine di istruttorie per colpa medica che si svolgono ogni giorno, il dibattimento per la morte del giovane Stefano Cucchi deceduto nel 2009 dopo essere stato arrestato e aver passato alcuni giorni detenuto in ospedale.
Ieri, la corte d'assise ha cominciato a valutare l'ipotesi di derubricare l'attuale accusa di omicidio per abbandono terapeutico nell'accusa minore di omicidio colposo.
Che fosse questa l'aria che si respirava nell'aula bunker di Rebibbia si era capito con chiarezza un mese fa, all'epoca del deposito della perizia chiesta proprio dal tribunale: il 13 dicembre i periti incaricati dalla corte hanno stabilito che il giovane è morto a causa delle mancate cure dei medici, per grave carenza di cibo e liquidi. Nessuna conferma chiara delle accuse agli agenti che lo tennero in custodia, ora a processo per lesioni ma che secondo le ipotesi iniziali avrebbero causato danni irreversibili al quadro clinico del ragazzo. Secondo la perizia, invece, le lesioni riscontrate post mortem sul corpo di Cucchi potrebbero essere causa di un pestaggio o di una caduta accidentale "né vi sono elementi che facciano propendere per l'una piuttosto che per l'altra dinamica lesiva". Durante l'udienza di ieri, gli avvocati di parte civile Fabio Anselmo e Alessandro Gamberini hanno chiesto e ottenuto che sull'ipotesi di cambiare il reato in una accusa minore ci fosse un supplemento di istruttoria. "Il problema- spiega Gamberini - è che la Corte di Strasburgo ha stabilito che qualora il tribunale decidesse in sentenza di cambiare il reato, anche questa decisione dovrebbe essere stata presa dopo un contraddittorio". La mossa della parte civile, dunque, serve ad evitare che una eventuale condanna per un reato minore finisca per essere annullata in Appello o in Cassazione.
La nuova istruttoria potrebbe anche aprire ulteriori strade per l'accusa. All'udienza del 21 febbraio, la parte civile intende chiedere l'acquisizione di una consulenza redatta dal professor Gaetano Thiene, insieme col collega Vittorio Fineschi. Thiene è il cardiologo e anatomopatologo che ha scritto la perizia decisiva per la condanna di tre poliziotti nel caso di Federico Aldrovandi, lo studente ucciso a botte calci e manganellate in seguito ad un arresto a Ferrara, nel 2005. L'avvocato Gaetano Scalise, difensore del primario del Pertini Aldo Fierro, si mostra sereno: "Prendiamo atto e siamo sicuri di poter dimostrare che non vi sono gli estremi nemmeno per l'omicidio colposo. Chiederemo di sentire i nostri consulenti".