«Stefano morì per colpa dei medici». Non capirono «il grave stato di malnutrizione», lo hanno lasciato scivolare verso la fine, incuranti. «I dottori del reparto di medicina protetta dell´ospedale Pertini non trattando il paziente in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso», affermano i superesperti incaricati dalla terza Corte d´Assise di Roma di accertare le cause della morte di Cucchi, il geometra romano arrestato per droga nel 2009. La perizia, decisiva per la sentenza, sarà discussa la prossima settimana nell´aula bunker di Rebibbia. «Carenza di cibo e di liquidi». Non un pestaggio. Stefano Cucchi, «forse aggredito, forse caduto a terra», non aveva traumi tali da ucciderlo, a farlo sarebbe stato «l´abbandono» in corsia.
I sei professori dell´istituto Labanof di Milano arrivano a conclusioni non lontane da quelle della procura che ha mandato a giudizio sei dottori, tre infermieri, e i tre agenti della penitenziaria sospettati di aver sferrato calci assassini nei sotterranei del tribunale poco prima dell´udienza di convalida del fermo. La famiglia ha sempre sostenuto la tesi dell´omicidio provocato dalle botte e non della morte dovuta all´incuria in ospedale. La loro battaglia sembra infrangersi nelle 190 pagine della superperizia.
«No, non mi sento sconfitta - dice Ilaria Cucchi - sul nesso di causalità con le fratture alla schiena il confronto scientifico e giuridico e tutt´altro che chiuso. Ho fiducia nella verità e in questa Corte». I professori non sciolgono un nodo decisivo: non viene chiarito se i traumi riportati da Cucchi siano stati provocati da una caduta accidentale o da colpi inferti. Non vi sono elementi «che facciano propendere per l´una piuttosto che per l´altra dinamica lesiva». Ulcere, croste, traumi «si accordano sia con l´aggressione che con la caduta accidentale, ma non possono essere attribuite con certezza a episodi di una certa violenza/entità avvenuti tra l´arresto e l´ospedale». Lividi e gonfiori «non avrebbero giustificato nemmeno il ricovero». Allora cosa uccise Stefano Cucchi? «Per univoco convergere dei dati, una sindrome da inanizione». Ovvero «una grave carenza di alimenti e di liquidi». Stefano rifiutava il cibo, «ma i medici non si allarmarono neppure». Non si sono mai resi conto «di essere di fronte a un caso di malnutrizione importante». E quindi non si sono curati «di monitorare il paziente sotto questo profilo, né hanno chiesto l´intervento di nutrizionisti o altri specialisti e non trattando il giovane in maniera adeguata ne hanno provocato il decesso». Ebbero una condotta «colposa». E non gli dissero che rischiava la pelle. Ci sono state «imperizia e negligenza» al Pertini, ma gli infermieri non avrebbero responsabilità.
«Il pericolo di vita si rese manifesto il 19 ottobre 2009: in quel momento un trattamento terapeutico appropriato avrebbe consentito probabilmente un recupero», scrivono i professori. Stefano «poteva essere salvato».
Ilaria Cucchi non vuole entrare nel merito della superperizia, ma fatica a comprendere. «I miei consulenti hanno opinioni diverse - dice - Come si fa a sostenere che le fratture alla schiena non abbiano avuto alcuna influenza? Mio fratello è stato pestato, voleva un avvocato per denunciare i fatti, invece è stato lasciato solo. Chi lo ha picchiato? È morto per colpa sua?».