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Parla il testimone del caso Uva
Checchino Antonini e Adriano Chiarelli
5 ottobre 2012

Dopo aver trascorso tre ore in una caserma dell'Arma di Varese, sotto la custodia di otto tra poliziotti e carabinieri, Giuseppe Uva viene trasportato in ospedale in condizioni critiche. Nel volgere della notte l'uomo troverà la morte. Le cause del decesso restano ad oggi tutte da chiarire. C'è un testimone, un amico di Uva, che fu portato in caserma con lui quella notte. Il pm di Varese non lo ha ancora ascoltato. Tutto ciò è accaduto il 14 giugno 2008, 1574 giorni fa.

A farlo parlare quell'amico, invece, è stato Adriano Chiarelli, filmaker autore di "Nei secoli fedeli", un'inchiesta rigorosa fatta di testimonianze e documenti inediti di cui Popoff anticipa alcuni brani tratti dai ricordi di Alberto Biggioggero. E' lui l'amico di Giuseppe, fermato quella notte per ubriachezza molesta, reato per il quale non è previsto il fermo e per il quale anche il Tso, che giustificava il suo ricovero, continua ad apparire incomprensibile. In primavera, il processo contro i medici che ebbero contatti con Pino s'è concluso con l'assoluzione piena degli imputati.

La sentenza, grazie alle nuove perizie eseguite da elementi estranei agli ambienti varesini, esclude con certezza anche che Uva fosse un "lento metabolizzatore", che quei farmaci abbiano avuto effetti ritardati mescolandosi all'alcool di quella notte. L'alcol è restato sempre «sotto livelli idonei a causare il decesso». E il giudice scrisse che il killer di Uva è la modalità di ingaggio da parte delle forze dell'ordine. La causa di morte potrebbe essere il politraumatismo di quella notte. Anche la psichiatra che lo vide al pronto soccorso ha dichiarato in una memoria scritta che «accusava (le forze dell'ordine) di averlo picchiato. Si riservava quindi di denunciarli.

Aveva la fronte e il naso visibilmente tumefatti. La superperizia ha affermato che nella zona anale di Pino Uva c'erano varici emorroidarie esterne con stravasi emorragici interstiziali da mettere in correlazione, per il giudice, con l'ampia perdita di materia ematica riscontrata nel cavallo dei jeans zuppo di sangue. Ma il primo perito del pm quei jeans manco li ha voluti vedere, sono restati per più di tre anni in giacenza al posto di ps dell'ospedale di Varese. Restano «oscure le ragioni per le quali un soggetto di 43 anni, non affetto da alcuna significativa patologia nota, potesse essere giunto a morte a poche ore dal "trattenimento" operato nei suoi confronti dalle forze dell'ordine». Per questo il giudice ha rinviato gli atti alla Procura chiedendo un'inchiesta più seria su un caso che sembra proprio di malapolizia.

Il documentario sarà presentato il 5 ottobre a Bergamo all'Auditorium di piazza della Libertà alle 21, presentato dal Centro sociale Pacì Paciana con Adriano Chiarelli (ideatore e autore di Malapolizia), Francesco Menghini (regista), Lucia Uva (sorella di Giuseppe), Alberto Biggiogero (amico di Giuseppe) e il sottoscritto, Checchino Antonini (giornalista per Popoff)