Il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha disposto un'indagine ispettiva nel carcere di Lecce a seguito della morte del detenuto romeno Pop Virgil Cristria di 38 anni, avvenuta il 14 maggio scorso nell'ospedale del capoluogo salentino".
È quanto si legge in una nota del Dipartimento dell'amministrazione penitenziari, che continua: "Il detenuto, con fine pena 2018, era in sciopero della fame da cinquanta giorni. L'indagine sarà svolta dall'Ufficio ispettivo del Dap". Solo ieri l'onorevole Teresa Bellanova aveva presentato una interrogazione al ministro Severino per chiederle di intervenire, attraverso un'azione concreta, che miri a contrastare la situazione disumana, vissuta quotidianamente dai detenuti e di riflesso da tutti gli attori sociali che operano negli istituti penitenziari sovraffollati.
Bellanova sottolinea come "la misura detentiva abbia già di per se stessa un impatto psicologico fortissimo sui soggetti coinvolti, ma ciò ha senza dubbio un riverbero più forte su quei soggetti, quali gli immigrati, che in moltissimi casi si trovano in una condizione di solitudine fisica e psicologica. Lontani dalla propria rete familiare ed amicale, molte di queste persone hanno anche difficoltà ad esprimersi nella lingua italiana e ritrovarsi in un luogo sovraffollato non giova certamente al benessere fisico e psicologico".
Indagati 15 medici dopo morte detenuto
Sono quindici i medici in servizio presso il carcere di Lecce iscritti nel registro degli indagati dal sostituto procuratore Carmen Ruggiero, titolare del fascicolo sul decesso del detenuto di 38 anni, avvenuta il 12 maggio all'ospedale Vito Fazzi di Lecce, in seguito ad uno sciopero della fame protratto per alcune settimane.
L'iscrizione dei medici nel registro degli indagati, del fascicolo aperto con l'ipotesi di omicidio colposo, è considerato un atto dovuto, che consentirà ai professionisti di far eseguire l'autopsia sul corpo del trentottenne, che sarà effettuata domani dai medici legali Roberto Vaglio e Ermenegildo Colosimo.
Il detenuto, in carcere per scontare una condanna definitiva per reati contro la persona e il patrimonio, è morto dopo uno sciopero della fame protratto per cinquanta giorni. La sua protesta era legata alla richiesta di audizione da parte di un magistrato di sorveglianza, al quale avrebbe voluto esporre le proprie doglianze in merito alla vicenda giudiziaria di cui era stato protagonista.
Nella scorsa settimana i sanitari dell'istituto penitenziario, avendo constatato l'aggravarsi delle sue condizioni, hanno disposto il ricovero all'ospedale di Lecce, ma i tentativi di salvarlo non hanno avuto successo. In seguito al decesso diversi parlamentari hanno interrogato il ministro della Giustizia Paola Severino, il quale ha disposto l'avvio di un'ispezione nel carcere leccese, che sarà effettuata dal personale dell'ufficio ispettivo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Di Giovan Paolo (Pd): bene indagine su detenuto morto
"Ha fatto bene il ministro Severino ad aprire un'indagine sul detenuto in sciopero della fame morto a Lecce". Lo afferma il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente del forum per la Sanità Penitenziaria. "Ma è incredibile - ha aggiunto - come ciò sia potuto accadere, senza un intervento efficace prima che ciò avvenisse, da parte di alcuno". "Su casi come questi manterremo alta l'attenzione - continua Di Giovan Paolo - la pressione ed è importante che il ministro Severino si sia attivato. Il problema è che mancano risorse per il personale, per gli assistenti sociali per prevenire casi del genere questa sembra davvero una storia d'altri tempi".
Bellanova (Pd) interroga la ministra
A seguito del tragico evento che ha visto coinvolto un detenuto romeno trentottenne collocato nel penitenziario di Borgo San Nicola a Lecce lasciatosi morire, dopo uno sciopero della fame durato 50 giorni (leggi l'articolo della direttora Maria Luisa Mastrogiovanni), la deputata del Pd, Teresa Bellanova, ha presentato una interrogazione alla ministra Severino per chiederle di intervenire, attraverso un'azione concreta, che miri a contrastare la situazione disumana, vissuta quotidianamente dai detenuti e di riflesso da tutti gli attori sociali che operano negli istituti penitenziari sovraffollati.
La Bellanova sottolinea come la misura detentiva abbia già di per se stessa un impatto psicologico fortissimo sui soggetti coinvolti, ma ciò ha senza dubbio un riverbero più forte su quei soggetti, quali gli immigrati, che in moltissimi casi si trovano in una condizione di solitudine fisica e psicologica. Lontani dalla propria rete familiare ed amicale, molte di queste persone hanno anche difficoltà ad esprimersi nella lingua italiana e ritrovarsi in un luogo sovraffollato non giova certamente al benessere fisico e psicologico. Nonostante gli immani sforzi, gli stessi operatori penitenziari e sociali si ritrovano ad affrontare enormi difficoltà che di fatto impediscono di esercitare in modo consono la propria funzione, vale a dire quella di studiare e valutare attentamente la singolarità dei casi ed i percorsi rieducativi da mettere in essere per seguire, riabilitare e sostenere il detenuto durante il percorso di reclusione. Questo scenario serio e multiproblematico, sottolinea la deputata del Pd, in diversi istituti italiani è ulteriormente aggravato da un allarme igienico-sanitario, come ad esempio l'epidemia di scabbia che ha investito nel gennaio scorso il penitenziario di Bari.
Il testo dell'interrogazione
Per sapere, premesso che:
- notizie giornalistiche odierne riportano il tragico episodio che ha interessato un detenuto romeno di 38 anni, il quale dopo cinquanta giorni di sciopero della fame, di cui 35 trascorsi nel nosocomio leccese si è lasciato morire. Dalle ricostruzioni mediatiche sembrerebbe che questa persona, collocata presso il penitenziario di Borgo San Nicola a Lecce, fosse da tempo in preda ad un disagio psicologico e nonostante si siano attivati tutti gli strumenti che la legge consente, non si è riusciti ad evitare il peggio;
- l'interrogante ha più volte posto, nel corso degli ultimi due anni ed in ultimo nel dicembre 2011, a codesto Ministero la gravissima situazione nella quale versano gli istituti penitenziari italiani, con particolare riferimento alla struttura carceraria di Borgo San Nicola di Lecce che a fronte di una capienza di circa 660 posti, ospita circa 1.400 detenuti. È stato altresì già segnalato la difficoltà nella quale sono costretti ad operare i responsabili delle strutture penitenziarie, gli operatori e tutto il personale in forze presso queste strutture;
- fermo restando il principio dell'espiazione della pena da parte del soggetto che ha deviato, più volte è stata portata all'attenzione di codesto Ministero la necessità di ripristinare all'interno degli istituti penitenziari i dettami posti a fondamento della nostra Costituzione e contenuti anche all'interno della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che in troppe realtà penitenziarie sono stati disattesi;
- la misura detentiva, come testimoniano numerosi ed autorevoli studi ha già di per se stessa un impatto psicologico fortissimo sui soggetti coinvolti, ma ciò ha senza dubbio un riverbero più forte su quei soggetti, quali gli immigrati, che in moltissimi casi si trovano in una condizione di solitudine fisica e psicologica poiché lontani dalla propria rete familiare ed amicale, amplificata dal fatto che molte di queste persone hanno anche difficoltà ad esprimersi nella lingua italiana e aggravata, certamente, dal ritrovarsi in un luogo sovraffollato che non giova al benessere fisico e psicologico. Questo scenario serio e multiproblematico in diversi istituti italiani è aggravato anche da un allarme igienico-sanitario, basti ricordare l'epidemia di scabbia che ha investito nel gennaio scorso il penitenziario di Bari;
- il precedente Governo già due anni addietro aveva parlato di dare avvio ad un piano di emergenza per le carceri, ad oggi, sappiamo che non solo nulla è stato attivato, ma che per effetto dell'inasprimento delle leggi, volute sempre dallo stesso Governo nei confronti degli immigrati, si è determinato solo l'effetto di infoltire il numero di detenuti con il conseguente aumento dei disagi;
- in questa situazione è evidente che ad essere messa a repentaglio, oltre alla salute psicofisica dei rei è anche il paradigma della funzione rieducativa a cui la misura detentiva dovrebbe tendere;
se il Ministro interrogato non ritenga utile intervenire con celerità, attraverso un'azione concreta che miri a contrastare questa situazione disumana, vissuta quotidianamente dai detenuti e di riflesso da tutti gli attori sociali che operano negli istituti penitenziari sovraffollati, i quali, nonostante immani sforzi, si ritrovano ad affrontare enormi difficoltà che di fatto impediscono di esercitare in modo consono la propria funzione, vale a dire quella di studiare e valutare attentamente la singolarità dei casi e dei percorsi rieducativi da mettere in essere per seguire, riabilitare e sostenere il detenuto durante il percorso di reclusione.
Romania-Italia: caso drammatico ma non danneggia rapporti bilaterali
Il caso di Virgil Cristian Pop, detenuto romeno morto nella prigione di Lecce lunedì scorso, "drammatico, ma le autorità penitenziarie amministrative e mediche italiane hanno fatto il loro dovere nel rispetto delle regole".
È quanto affermato a "Nova" dall'ambasciatore italiano a Bucarest, Mario Cospito, che ha espresso solidarietà ai familiari di Pop. L'uomo, 38enne, morto lunedì in seguito a uno sciopero della fame durato 50 giorni. Arrestato nel 2000, era stato condannato a 18 anni per furto, accusa che aveva sempre negato. Alla fine del 2011, era stato trasferito dalla prigione di Benevento nell'istituto penitenziario pugliese. Dato il peggioramento delle sue condizioni di salute e il constante rifiuto di cibo e le richieste di essere ascoltato da un magistrato, il cittadino romeno era stato seguito costantemente dal personale medico del Penitenziario di Lecce. Lo ha riferito il medico dello stesso penitenziario, Sandro Lima, citato dalla "Gazzetta del Mezzogiorno".
La procura di Lecce ha intanto aperto un fascicolo per verificare l'esatta causa della morte e il dossier medico del detenuto stato messo sotto sequestro dalle autorit per tutto il corso dell'indagine. Le autorità romene hanno dichiarato che le sedi di rappresentanza della Romania in Italia non sono state informate, secondo gli usi diplomatici, della vicenda che coinvolgeva il cittadino romeno. Il ministero degli Esteri romeno ha invitato l'ambasciata a Roma a chiedere spiegazioni sulla situazione ai ministeri italiani degli Esteri e della Giustizia.
"Vogliamo sottolineare il rammarico umano per il fatto - ha dichiarato a "Nova" l'ambasciatore Cospito. Il detenuto stato assistito, anche psicologicamente, e il magistrato di sorveglianza lo ha ascoltato. Il problema che ha continuato lo sciopero della fame che lo ha portato ad un ricovero urgente in ospedale la scorsa settimana dove, sfortunatamente, a causa di complicazioni, deceduto", ha detto Cospito.
"L'Italia uno stato di diritto e ha tutti gli strumenti per accertare eventuali responsabilità che, ripeto, dalle notizie in mio possesso, non mi pare di rilevare", ha evidenziato il rappresentante diplomatico italiano a Bucarest. La situazione del detenuto romeno morto nel carcere di Lecce assomiglia al caso di un altro cittadino romeno, Daniel Claudiu Crulic, 33 anni, morto nel gennaio del 2008 nella prigione della città polacca di Cracovia dopo due mesi di sciopero della fame durante i quali aveva sostenuto la sua innocenza. Crulic era stato accusato nel settembre del 2007, insieme alla sua fidanzata, di aver rubato il portafoglio di un giudice polacco.
Crulic morto il 18 gennaio del 2008 dopo che il Tribunale di Cracovia aveva deciso che venisse nutrito attraverso la flebo. Le autorità romene sono state informate della situazione solo dopo il decesso del giovane Crulic. La situazione ha provocato all'epoca un enorme scandalo sulla stampa di Bucarest e alle dimissioni del ministro degli Esteri Adrian Cioroianu, nonché a sanzioni per i consoli e l'ambasciatore romeno in Polonia. Inoltre, tre dirigenti dell'ospedale penitenziario di Cracovia sono stati indagati per non aver fornito assistenza medica ad una persona in pericolo di morte e rischiano condanne di almeno cinque anni di prigione. "Non penso ci siano elementi in questo caso che comportino complicazioni nei rapporti fra l'Italia e Romania", ha precisato l'ambasciatore Cospito.
"È un caso drammatico per cui si deve ricordare che i detenuti romeni in Italia sono numerosi perché ampia la comunità romena nel nostro paese. Le autorità italiane e romene fanno quindi del loro meglio per assistere i cittadini romeni in difficoltà e sono sicuro che anche nel caso di Virgil Pop le autorità romene abbiamo fatto il loro dovere", ha concluso il rappresentante diplomatico italiano.