A molti non piace, lo trovano banale, anche un po' furbo, e perfino opportunista. È possibile che anche a qualche radicale non piaccia. Del resto non si può piacere a tutti.
Parlo di Roberto Saviano l'autore di "Gomorra" e che dimostra come si possa fare una televisione diversa dalla solita televisione e che fa audience. Certo, Saviano spesso dice e scrive cose "normali", o che normali dovrebbero essere se solo si vivesse in un paese normale. Il normale diventa quindi eccezionale.
Saviano su Facebook si è occupato del caso del romeno detenuto nel carcere di Lecce che dopo cinquanta giorni di digiuno è morto; riporta quanto ha detto il vice-direttore del carcere Giuseppe Renna: "Noi lo aiutavamo come potevamo, e anche i volontari tentavano di aiutarlo. In verità, il carcere finisce sui giornali solo quando succedono queste cose. Ma noi come tutti dobbiamo combattere ogni giorno, senza avere possibilità economiche, e con mille e mille problemi. Qui dentro, come accade in tutti gli istituti d'Italia ci sono numerosi detenuti anche di carattere psichiatrico che andrebbero seguiti da strutture idonee, invece...". Il vice-direttore Renna dice cose "normali".
"È vero", riflette Saviano, "chi sbaglia deve pagare, ma deve farlo in condizioni dignitose. Chi sbaglia deve essere recuperato. Il carcere dovrebbe essere riabilitazione e reinserimento. Non il luogo in cui mettiamo tutto ciò con cui non vogliamo fare i conti".
Anche questa è una riflessione "normale", e qualcuno la troverà perfino ovvia, banale. Ma in un paese appestato come l'Italia, ben venga chi dice e scrive cose "normali", quelle cose "normali" che però sono in pochi a dire, come i radicali.
Ieri, per esempio, si poteva leggere su "La Stampa" una corrispondenza dagli Stati Uniti d'America di Maurizio Molinari, che spesso viene ascoltato da "Radio Radicale". Maurizio racconta della visita del ministro della Giustizia italiano Paola Severino a New Town, nel Connecticut. La signora ministro è volata in quel paese per "approfondire come sia riuscito meglio di altri Stati americani a sfoltire la popolazione carceraria".
Si scopre così che la chiave dei buoni risultati ottenuti in Connecticut consiste nel favorire e lavorare per il reinserimento del detenuto nella società, in collaborazione con la famiglia e le istituzioni statali; e il principio guida è che le prigioni "devono servire a riabilitare, non a sfornare criminali come quelli che vi sono entrati". Chi l'avrebbe mai pensato! E certo per comprenderlo occorreva andare a New Town in Connecticut.