Il medico non c'entra con la morte di Giuseppe Uva. Tre anni e otto mesi dopo la violenta e misteriosa morte, un giudice rispedisce le carte alla procura perché indaghi davvero su quanto accaduto dal momento dell'incontro di Uva con i carabinieri fino all'arrivo al pronto soccorso. Quasi tre ore su cui si deve fare luce. L'innocenza del dottor Carlo Fraticelli, il medico dell'ospedale varesino assolto oggi dal giudice Orazio Muscato dall'accusa di omicidio colposo, è una sonora bocciatura dell'impianto accusatorio su cui s'era arroccato il pm che ha indagato sulla morte del gruista 43enne provando a escludere gli indizi di malapolizia e scegliendo la pista della malasanità. Secondo l'accusa il killer sarebbe stato un cocktail tra farmaci e alcool.
Uva è morto il 14 giugno 2008 dopo essere stato fermato -assieme all'amico fraterno Alberto Biggioggero- da una pattuglia dei carabinieri per ubriachezza molesta, reato per il quale non è previsto il fermo e per il quale anche il Tso, che giustificava il suo ricovero, appariva incomprensibile. Lucia Uva, sorella di Giuseppe, sapeva da sempre che era un processo sbagliato. «Sono felice perchè oggi una persona innocente è stata assolta -dice subito dopo la lettura della sentenza- questa è giustizia. Io l'ho sempre saputo che Giuseppe non è morto a causa dei farmaci, ora speriamo si indaghi davvero su quello che è successo quella notte in caserma».
Accanto a lei, come in ogni altra fase della storia, Ilaria Cucchi, Domenica Ferrulli, Luciano Isidro Diaz, Massimo Uccheddu e Patrizia Moretti che parla del «percorso durissimo» per famiglie come le loro: «Dobbiamo continuare a lottare anche contro prese di posizione inspiegabili come quella del Pubblico Ministero Abate che oggi ha offeso l'avvocato Anselmo invitandolo ad andare a strillare in piazza. Sono, da tempo, toni inaccettabili quelli raggiunti in aula a Varese anche oggi, proprio dal Pubblico Ministero che è responsabile dell'ordine pubblico in aula».
A irritare il pm, che ha "invitato" a strillare in piazza anche i familiari e gli amici della vittima, è stata la presenza delle telecamere alla lettura del dispositivo. Dall'inizio del processo sono state proibite le riprese «perché il giudice ha ritenuto che la materia del dibattere non era di interesse sociale», dice a Globalist, Adriano Chiarelli film maker napoletano che sta girando un documentario sul caso. In realtà non ci sarebbe nemmeno bisogno di aprire una nuova indagine perché un secondo fascicolo, con dentro la memoria di Alberto Bigioggero sulle urla spaventose che udì in caserma quella notte, esiste ma è fermo in procura. «Sappiamo che aveva del sangue nelle scarpe, questa è una delle ultime cose emerse», ricorda Lucia a cui toccò l'ispezione in obitorio del corpo di suo fratello.
Fu lei a trovare i segni delle probabili percosse, a scoprire le incongruenze della versione ufficiale incrociandola con il racconto di Biggioggero, fermato con Pino ma mai ascoltato da un pm. Ai suoi amici Uva aveva raccontato di avere avuto una relazione con la moglie di un carabiniere. La causa di morte potrebbe essere il politraumatismo di quella notte non la sinergia tra sedativi. Anche la psichiatra che lo vide al pronto soccorso ha dichiarato in una memoria scritta che «accusava (le forze dell'ordine) di averlo picchiato. Si riservava quindi di denunciarli. Aveva la fronte e il naso visibilmente tumefatti. Parlammo per un'ora, mi diede il numero della sorella, che chiamai. Si sentì rassicurato si fece convincere a fare un'iniezione di sedativo».
Anche la superperizia dei professori Davide Ferrara, Angelo De Mori e Gaetano Thiene, ordinata dal tribunale, smentisce in molti punti la ricostruzione del pm Abate. Per i periti, che hanno scoperto una lesione cardiaca sfuggita all'autopsia, la morte di Uva fu scatenata da "stress emotivo" dovuto all'alcool insieme alle "misure di contenzione fisica" e alle "lesioni traumatiche auto ed etero-prodotte". I periti hanno anche denunciato «l'assoluta mancanza di documentazione inerente il periodo tra il fermo delle tre e la relazione medica che prescrive il Tso», fino «all'accesso in pronto soccorso alle 5.48».
Se Uva morì nel letto del reparto di Psichiatria, «l'evento aritmico fatale è insorto nella fase di risoluzione della tempesta emotiva», hanno messo nero su bianco i tre periti che hanno trovato «escoriazioni prodotte dall'urto contro un corpo contundente», lesioni sulla testa e vasta presenza di sangue nell'area intorno all'ano tale da non poter escludere che fosse provocata dai colpi della notte. Anche perché ci sono tracce biologiche estranee a Uva, di altre persone. Cosa è accaduto in caserma quella notte? Il caso è finalmente riaperto.