Oggi il Senato si è convocato, attraverso una raccolta di firme, per una sessione straordinaria riservata alle carceri. Poi toccherà anche alla Camera. Può essere una buona occasione, o una seccatura da sbrigare. I giochi del calendario fanno sì che la discussione si svolga alla vigilia del voto segreto alla Camera sull'autorizzazione all'arresto di Milanese.
Con tutto il rispetto, il Parlamento si divide etologicamente in tre gruppi. Uno è composto da quelli cui in sostanza non importa. Poi c'è il gruppo di quelli che temono di andare a finire in galera, e il gruppo di quelli che ce li vogliono mandare. (Alcuni appartengono contemporaneamente ad ambedue le categorie). In questa situazione, ci si aspetterebbe che pochi problemi stessero loro a cuore quanto lo stato delle galere. Ovviamente, in chi teme di finirci da un momento all'altro - compreso il capo del governo, che a questo alludeva quando parlava del "trappolone" - si immaginerebbe una premurosa attenzione, almeno superiore a quella che si mette nella scelta di un albergo in cui trascorrere la vacanza.
Ma anche quelli che sognano di mandare in galera gli altri - l'agenzia di viaggi, diciamo - dovrebbero almeno sentirli impegnati a migliorare la destinazione. Non sembra che sia così. Un senatore recentemente messo dentro (ed era anche un magistrato, nella vita di prima) ha imparato presto, ha aderito allo sciopero della fame per l'amnistia, ha dichiarato che d'ora in poi non smetterà più di prodigarsi per i detenuti. Mi guardo bene dal maramaldeggiare con uno che sta in cella, qualunque causa ce l'abbia portato, ma il suo caso è esemplare.
Perché sarebbe naturale immaginare che un magistrato, fin dalla sua prima vocazione, dopo esser passato sopra all'ammonimento: "Tu non giudicherai!", senta però la tremenda responsabilità che gli cadrà sulle spalle, quando deciderà di privare il suo prossimo della libertà e di spedirlo dentro prigioni scandalose come e più che gabbie di zoo. Meglio tardi che mai, direte. E però l'esperienza mostra che i rari personaggi di spicco che vanno in carcere, furbetti di quartiere, imprenditori, magistrati, generali di Finanza, assessori e così via, passano attraverso due rapide fasi successive.
Quando escono, rivoltano indietro irresistibilmente come Orfeo con Euridice e dichiarano commossi alle telecamere che non avrebbero mai immaginato di trovare un'umanità così calda, che il caffè come lo faceva il compagno di cella tunisino non lo fa nessuno, e che si ricorderanno di loro; di lì a poco se ne saranno dimenticati, perché il caffè è buonissimo anche al bar di Sant'Eustachio, accanto al Senato, e d'ora in poi eviteranno di passare dal lungotevere davanti a Regina Coeli, se non sarà proprio indispensabile.
La seduta di oggi fa seguito al convegno dello scorso 28 luglio, promosso, come la giornata di oggi, dai radicali, e che ascoltò le più alte autorità dello Stato denunciare, con Napolitano, una realtà carcerari a "che ci allarma e ci umilia davanti all'Europa". I radicali avrebbero voluto che la discussione di oggi mettesse al centro l'amnistia. Non succederà.
Il Presidente della Repubblica ha bensì detto che per questa "prepotente urgenza" la politica non può: "escludere pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rivelarsi necessaria". Ma non è pensabile che il parlamento (con una maggioranza dei due terzi) voti oggi o nel futuro prossimo una misura certo ragionevole, sia per attenuare l'obbrobrio della sopravvivenza quotidiana dei 67 mila detenuti, sia per affrontare il carico arretrato di milioni di procedimenti - il più scandaloso dei debiti pubblici, senza agenzie di rating a sanzionarlo - che sostituisce la prescrizione degli abbienti all'amnistia per tutti e rende derisoria l'obbligatorietà dell'azione penale.
Marco Pannella (che ieri è malauguratamente passato allo sciopero totale di fame e sete) ha voluto sventare in anticipo l'obiezione che dell'amnistia potrebbe giovarsi anche Berlusconi. È difficile che un dettaglio del genere (altrimenti normale, perché le esclusioni ad personam sarebbero gravi quanto i privilegi ad personam) faccia fare passi avanti all'amnistia nel contesto attuale; in cui oltretutto Berlusconi si è sempre più cacciato in una resistenza da aut Caesar aut nullus - avvicinando favolosamente Palazzo Chigi a una qualche Rebibbia. Del resto il governo del Pdl, che proclama di fare dell'avversione al giustizialismo la propria ragion d'essere, ha ridotto le carceri nello stato più barbaro.
Così stando le cose, oggi si ripeteranno frasi indignate sull'inciviltà carceraria, e parole a salve sull'edilizia, la depenalizzazione, le pene alternative e così via. Poi si voterà una mozione. Sbrigata la seccatura, si tornerà a Milanese. A meno che si affronti sul serio la questione della custodia cautelare, l'abolizione della ex-Cirielli e delle micidiali leggi contro i tossicodipendenti e gli stranieri. A meno che a qualcuno venga voglia di ricordare che il costo dei tre pasti quotidiani nelle galere è di 3,8 euro. Un'indicazione formidabile per il ripianamento del debito pubblico e il risparmio delle famiglie.