Quattro medici, un'infermiera, alcuni detenuti all'epoca dei fatti, un poliziotto penitenziario. Sono nove i testimoni che oggi hanno testimoniato nella settima udienza del processo che, davanti alla III Corte d'assise di Roma presieduta da Evelina Canale, si occupa della morte di Stefano Cucchi, il romano di 31 anni fermato il 15 ottobre 2009 mentre stava cedendo sostanza stupefacente e morto una settimana dopo nella struttura di medicina protetta dell'ospedale "Sandro Pertini".
Tra coloro che sono stati citati dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, oltre a tre persone che all'epoca dei fatti da detenuti erano presenti nelle celle del tribunale di Roma in attesa di essere sottoposti all'udienza di convalida del loro arresto, anche quattro medici (due del carcere di Regina Coeli e due dell'ospedale romano Fatebenefratelli) che in quei giorni ebbero a che fare con Cucchi.
La cella delle botte. "Chiesi di andare nella cella con Cucchi perché ero solo, ma una guardia penitenziaria mi fece segno di no, facendo il gesto come se in quella cella si prendevano botte". È la testimonianza di Marco Fabrizi, sentito oggi che era nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma, a pochi passi dalla cella dove Cucchi aspettava prima di essere portato per la convalida del suo arresto per droga avvenuto la notte precedente.
Un'ex detenuta: stava male, si vedeva. Annamaria Costanzo, conobbe anche lei Cucchi nelle celle del tribunale. "Fu lui a fermarmi mentre ero nel corridoio - ha detto - Mi chiese una sigaretta, mi disse che era in cella per un po' di fumo e che stava male perché non gli volevano dare le medicine. Continuava a dire "sto male" e gli domandai "ma che ti hanno menato?". Mi rispose di sì e che erano state le guardie che l'avevano arrestato. Io quella sigaretta gliela diedi dicendogli "speriamo che non è l'ultima che ti fumi", perché vidi che stava veramente male". Dichiarazioni, queste, che la donna non ha mai reso in precedenza; circostanza oggi motivata con il fatto che pensava "che andava tutto in cavalleria".
Ho visto picchiarlo. In aula, a testimoniare è stata anche chiamata una terza donna all'epoca detenuta. Silvana Cappuccio ha detto che, mentre si trovava in cella, sdraiata perché stava poco bene, sentì "un fracasso". Ecco che allora si alzò e guardò dallo spioncino della cella cosa stessa accadendo. "Ricordo di un ragazzo in cella accanto alla mia - ha detto - Chiedeva una sigaretta; a un tratto lo tirarono fuori e lo schiaffeggiarono. Cadde a terra, lo trascinavano e continuavano a picchiarlo. Diceva di star male e che non riusciva ad alzarsi, ma gli rispondevano "adesso chiamiamo un dottore"". Incalzata dalle domande e dalla richiesta di precisazioni ha però risposto con tanti "non ricordo".
Un medico: rifiutò il ricovero al Fatebenefratelli ma aveva due vertebre fratturate. Il 16 ottobre 2009, poche ore dopo il suo arresto per droga, Stefano Cucchi fu portato all'ospedale romano Fatebenefratelli perché lamentava dolori alla schiena, ma rifiutò il ricovero. La conferma processuale è arrivata, nel corso dell'udienza di oggi da Cesare Calderini, il medico che prese in cura il giovane nella struttura ospedaliera. "Visitai Cucchi alla presenza delle guardie penitenziarie - ha detto - Gli chiesi cos'era successo e mi rispose che era caduto dalle scale la sera prima. Era arrivato in reparto camminando normalmente, era leggermente segnato sotto entrambe le palpebre. Segni che non destarono la mia preoccupazione. Esclusi fossero dettati da causa traumatica, non aveva un occhio pestato".
Ragione questa per la quale il medico si concentrò "sul forte dolore alla schiena che Cucchi lamentava. Al livello del tratto lombo - sacrale aveva i segni di un trauma recente, e richiesi esami radiografici. Contattai poi il radiologo che vide due fratture, l'ortopedico e il neurologo. Decidemmo insieme come necessario tenere il paziente in osservazione per fare ulteriori accertamenti ma Cucchi rifiutò il ricovero, e io rimasi stupito, mi sembrò una cosa strana. Era stato sempre tranquillo, si era fatto fare tutti gli esami tranquillamente". Le circostanze per le quali fu consigliato il ricovero del giovane sono state confermate in aula anche da Francesco Tibuzzi, il neurologo che quel giorno visitò Cucchi al Fatebenefratelli.
Sul banco degli imputati ci sono dodici persone: i sei medici che ebbero in cura il giovane (Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti), tre infermieri (Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe) e tre agenti della polizia penitenziaria (Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici). I reati contestati, a vario titolo e a seconda delle posizioni, vanno dalle lesioni, all'abuso di autorità, al favoreggiamento, all'abbandono di incapace, all'abuso d'ufficio e alla falsità ideologica.
Secondo l'accusa, rappresentata dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, Stefano Cucchi è stato picchiato nelle camere di sicurezza del Tribunale in attesa dell'udienza di convalida. A nulla valsero le sue richieste di farmaci, mentre in ospedale fu reso incapace di provvedere a se stesso e lasciato senza assistenza, tanto da portarlo alla morte. La prossima udienza si terrà l'11 luglio.