Non ce l'ha fatta Carlo Saturno, 22 anni da Manduria. E' morto ieri mattina nel reparto rianimazione del Policlinico di Bari dov'era ricoverato dal 30 marzo. L'avevano trovato appeso a un lenzuolo nella sua cella d'isolamento del carcere circondariale di Bari. Il giorno prima del suicidio, Saturno era stato arrestato in carcere, era detenuto per furto, perché avrebbe ingaggiato una colluttazione con diversi agenti di polizia penitenziaria. La convalida dell'arresto - per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale - sarebbe giunta mentre era in coma. Dopo i dubbi dei medici del policlinico sulla presunta asfissia, un medico legale Francesco Introna ha stabilito che i segni sarebbero compatibili sia con un salto nel vuoto che con un eventuale strangolamento da parte di altri. Il legale della famiglia Saturno, Tania Rizzo, s'era già costituita parte civile per seguire l'inchiesta che, fino a ieri mattina era un "modello 45", un fascicolo senza nomi di indagati né ipotesi di reato. Da ieri la procura indaga ignoti per istigazione al suicidio.
Un'esistenza segnata dal carcere quella di Carlo, finito dietro le sbarre per la prima volta a soli 16 anni per furto, e già vittima di abusi. Allora era infatti stato l'oggetto privilegiato dei soprusi di ben 9 agenti di polizia penitenziaria del carcere minorile di Lecce, tra i quali il loro comandante, accusati di aver compiuto violenze sui ragazzi tra il 2003 e il 2005. Gli agenti sono accusati di maltrattamenti e vessazioni. Nel processo ancora in corso a carico dei nove imputati Carlo Saturno si era costituito parte civile. E' stato uno dei tre ex detenuti di quel minorile che ha trovato il coraggio di presentarsi come parte lesa nel processo iniziato il 19 febbraio scorso. E' legittimo chiedersi se vi sia un nesso tra quel processo e la qualità del ritorno dietro le sbarre del ventiduenne. Mentre scriviamo sono in corso perquisizioni da parte della polizia giudiziaria nel carcere barese. La polizia giudiziaria sta acquisendo fascicoli e documentazione utili a ricostruire i giorni precedenti a quello che, nella versione ufficiale, viene incasellato alla voce "tentato suicidio".
Un nuovo caso Cucchi su cui anche il capo del Dap, l'amministrazione penitenziaria, giura di volerci vedere chiaro e promette un'inchiesta interna che dovrebbe durare al massimo una decina di giorni. E Antigone chiede se qualcosa era stato fatto, in termini di misure di sostegno, verso una persona che aveva manifestato paura e depressione. Carlo ne soffriva da tempo ed era in cura con tranquillanti. Tania Rizzo, del foro di Lecce, lo aveva visto l'ultima volta una ventina di giorni fa nel corso di un'udienza che lo riguardava nel tribunale di Manduria. Era visibilmente agitato, nervoso e scostante.
Certo, Carlo e la sua famiglia si sarebbero potuti rivolgere al garante dei detenuti. Ma in Puglia non è mai stato nominato nonostante una legge di cinque anni fa. Dopo le denuncie delle associazioni per i diritti dei detenuti il governatore della Puglia aveva giurato che nella «prima riunione utile» la Giunta avrebbe proposto la terna di candidati. «Il mio impegno è massimo in questa battaglia», diceva Vendola invitando a quella seduta anche Marco Pannella. Era il 18 agosto dell'anno scorso.