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Osapp: a 18 mesi dalla morte di Stefano Cucchi la situazione non è cambiata
Fonte: Comunicato stampa, 1 aprile 2011
1 aprile 2011

"A 18 mesi dalla morte di Stefano Cucchi, come sindacato di polizia penitenziaria, oltre a rinnovare la nostra piena solidarietà alla famiglia e a permanere nella convinzione che, alla conclusione di questa tristissima vicenda, sarà dimostrata l'assoluta innocenza da qualsiasi addebito almeno per i 3 colleghi coinvolti, non possiamo astenerci denunciare che nulla è cambiato, al Tribunale di Roma come in altre articolazioni sul territorio, rispetto alle condizioni di servizio del personale, comunque prodromiche di eventi di gravità consimile" è quanto si legge in una nota a forma di Leo Beneduci segretario generale dell'Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria).
"Forse Stefano Cucchi non sarebbe morto o si sarebbe potuto intervenire prima e in maniera adeguata e, comunque, forse si sarebbe potuta fare piena luce sulla reale dinamica degli eventi - sostiene il sindacato - se nelle camere di sicurezza del tribunale di Roma ci fossero state le telecamere, se si fossero tenuti registri delle entrate e delle uscite e se fosse stato disponibile di un medico in pianta stabile, come il sindacato aveva lungamente richiesto; ma le promesse dei vertici dell'amministrazione penitenziaria, rinnovate persino all'indomani dei fatti, sono tuttora lettera morta, tant'è che i poliziotti penitenziari sono tuttora impiegati in un servizio che a loro non compete in alcun modo, nella custodia degli arrestati da altre forze di polizia, quale lo stesso Cucchi prima del processo, e non dei detenuti".
"Purtroppo anche sul restante territorio, l'amministrazione penitenziaria si dimostra assai poco avveduta in termini di sicurezza e di prevenzione in favore del personale di polizia penitenziaria e, comunque per una maggiore vivibilità delle infrastrutture penitenziarie, - prosegue il leader dell'Osapp - basti pensare che in numerosi istituti, non ultimo quello di Napoli-Poggioreale, qualora un detenuto si renda responsabile di violenza nei confronti di altri detenuti o del personale, non si provvede ad alcuno spostamento preventivo e il soggetto permane nella stessa cella, a contatto con lo stesso personale, fino all'esito procedimento disciplinare".
"Ci sarebbe assai utile come operatori di polizia nelle carceri e sarebbe assai utile alla funzionalità del sistema penitenziaria, se rispetto a tali problemi, apparentemente di scarsa rilevanza - conclude Beneduci - anche tenuto conto che il Ministro Alfano appare da tempo istituzionalmente lontano dalle carceri, riuscissimo ad ottenere debita attenzione almeno dal Capo dell'amministrazione Franco Ionta".