Sospetti sulla morte di Carmelo Castro: il giovane detenuto non poteva impiccarsi a un letto più basso di lui. Il mistero sulla morte in carcere del 19enne Carmelo Castro si infittisce sempre più. E ogni particolare nuovo che si aggiunge alla già grave e lunga lista di perplessità finora mai chiarite, non fa altro che alimentare la rabbia dei familiari e il bisogno di Giustizia avvertito dalla società civile e da una serie di associazioni che lottano per i diritti umani.
Più si scava insomma, più fango viene fuori. Giusto per sgombrare il campo da ogni equivoco e per dar forza alla recente denuncia espressa dall'Associazione Antigone, sabato mattina Il garante per i diritti dei detenuti siciliani, senatore Salvo Fleres, e il presidente della sezione catanese dell'Associazione nazionale forense, avvocato Vito Pirrone, hanno fatto una visita mirata al carcere di Piazza Lanza, proprio per verificare l'altezza del letto a castello all'apice del quale - è scritto sugli atti giudiziari - alle 12,20 del 28 marzo 2009, il giovane incensurato fu trovato "all'impiedi, penzoloni, impiccato al letto a castello con un lenzuolo stretto al collo".
Anche Fleres e Pirrone hanno potuto constatare coi loro stessi occhi che i letti a castello non sono più alti di un metro e 70 centimetri, mentre il ragazzo morto era alto circa un metro e 75. "Insomma - hanno commentato entrambi - qualcuno ci dovrà spiegare come abbia fatto il ragazzo a impiccarsi a un letto più basso di lui e soprattutto come ciò possa essere successo pur trovandosi il giovane in regime di altissima sorveglianza".
Questa ed altre contraddizioni sono riscontrabili in un'indagine della magistratura "mai approfondita", ecco perché Pirrone e le associazioni "Antigone" e "A buon diritto", hanno chiesto la riapertura delle indagini che sono state archiviate nell'agosto scorso. Dal canto suo il senatore Fleres, dopo aver presentato al ministro della Giustizia ben due interpellanze parlamentari sul caso Castro (alle quali, però, Alfano non ha mai dato risposta), si sta preparando a presentare la terza, proprio alla luce dell'ultimo inquietante particolare dell'altezza dei letti a castello del reparto in cui Carmelo è morto. Insomma si mette seriamente in dubbio che il giovane quella mattina fosse animato da volontà suicida: "Qualcosa di strano è successo, - commenta Fleres - non me la sento di dire "cosa", ma la magistratura avrebbe in mano tutti gli strumenti per chiarirlo e credo che abbia il dovere di farlo. I detenuti non sono cittadini di serie B e la legge vale anche per loro".
"Non si capisce perché non ci abbiano dato i filmati dei corridoi, - ha aggiunto l'avvocato Pirrone, legale di fiducia della famiglia Castro - né ci abbiano detto chi quella mattina portò il cibo al ragazzo; qualcuno forse gli ha mandato un messaggio intimidatorio? E se non c'era niente da nascondere, perché non hanno fatto chiarezza?".
Insomma gli elementi per riaprire il caso ci sono tutti (a partire dal presunto pestaggio subito nella caserma dei carabinieri il giorno dell'arresto, per finire nelle paure che il ragazzo aveva espresso verso possibili ritorsioni che sarebbero potute ricadere su di lui dopo che aveva fatto i nomi dei delinquenti che lo coinvolsero in una rapina) e anche il Garante è deciso di andare fino in fondo, annunciando che chiederà pure un'ispezione ministeriale al Palazzo di Giustizia per esaminare il caso. Senza usare mezzi termini si mette in dubbio il suicidio stesso o quanto meno - se è vero che fu suicidio - si teme che il giovane possa essere stato indotto, se non obbligato, a togliersi la vita. Una storia di una gravità estrema che non può restare così, in sospeso, in una Paese che si dice civile.
Nel corso dell'ispezione in carcere, però, non si è mancato di osservare come ancora i detenuti di piazza Lanza vengano tenuti come bestie ("L'inferno è peggio", ha commentato l'avvocato Pirrone), ma la cosa più vergognosa è la scarsa assistenza sanitaria prestata ai carcerati sofferenti.
"È uno scandalo - ha denunciato ancora una volta il senatore Fleres - che a quasi tre anni dall'emanazione del relativo decreto, la Sicilia resti l'unica regione italiana inadempiente e che non ha applicato l'assistenza della sanità pubblica alla popolazione carceraria". Tutto ciò significa che i malati in cella languiscono, il più delle volte senza assistenza sanitaria o con assistenza inadeguata.