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Colpevole di non avere il permesso di soggiorno, Saidiou muore da detenuto
Diana Santini
Fonte: Il Manifesto, 14 dicembre 2010
14 dicembre 2010

La magistratura ha aperto un'inchiesta sulla morte, domenica mattina, di un immigrato senegalese nella camera di sicurezza della caserma dei carabinieri Masotti, a Brescia: stroncato da una crisi respiratoria, hanno detto i medici. Saidiou Gadiaga, Elhdj per gli amici, trentaquattro anni, soffriva di una grave forma d'asma ed è stata proprio questa la prima cosa che ha detto ai carabinieri quando venerdì pomeriggio l'hanno portato in caserma, dopo che durante un controllo dei documenti era risultato privo del permesso di soggiorno. Il giorno dopo in città si sarebbe svolto un corteo antirazzista contro la sanatoria - truffa e, come spesso accade ultimamente nella Brescia ostaggio delle politiche discriminatorie a marchio Lega, la vigilia si è trasformata in un'ottima occasione per un giro di controlli a tappeto tra gli immigrati.
Dopo l'arresto Saidiou viene portato in camera di sicurezza, in attesa del processo per direttissima e della conseguente espulsione forzata. In tasca ha, come sempre, un flaconcino di spray antiasmatico e un certificato medico che ne attesta la malattia. Più di una volta, racconta uno dei tre ragazzi immigrati, fermati nelle stesse ore e poi trattenuti insieme a lui, forse a causa dell'aria viziata della cella, il fiato di Saidiou si fa corto, affannoso. Ma viene tenuto lì dentro lo stesso, per due notti, nonostante avesse spiegato che il suo stato di salute non era compatibile con la detenzione. Domenica mattina, verso le sette, le sue condizioni peggiorano drasticamente. Finalmente qualcuno si decide a chiedere l'intervento dei medici, ma è troppo tardi. Ancora una breve, disperata corsa verso l'ospedale, dove però non c'è altro da fare che constatare il decesso, poco prima delle nove. Ora si attendono i risultati dell'autopsia.
La comunità senegalese di Brescia, riunita ieri per discutere di quanto accaduto, chiede sia fatta chiarezza. La sorella di Saidiou, da Padova, dove vive, è partita per Brescia, dove oggi nominerà un avvocato di fiducia. Che, con tutta probabilità, chiederà un nuovo esame autoptico. Per ora all'attenzione dei legali ci sono la testimonianza del ragazzo senegalese che ha diviso la cella con lui e la pacata ammissione dei carabinieri del fatto che erano perfettamente consapevoli delle precarie condizioni di salute di Saidiou Gadiaga. Tra gli amici e i conoscenti, invece, c'è soprattutto la consapevolezza, se davvero c'era bisogno di un'altra inutile prova, che di Bossi - Fini si muore: in fondo, l'unica colpa di Saidiou, l'unica ragione per cui si trovava in quella cella, è che non aveva il maledetto pezzetto di carta.
Anche per lui i migranti "bresciani", dopo la mobilitazione dell'11, saranno oggi a Roma per manifestare con tutti gli altri che hanno risposto all'appello nazionale dei migranti e delle associazioni antirazziste, nel giorno in cui il governo Berslusconi chiede la fiducia. Porteranno in dote il patrimonio delle lotte che li hanno visti protagonisti, sopra e sotto la gru, a Brescia.