Era morto in carcere, a Torre del Gallo, dopo 45 giorni di sciopero della fame. In tre, per quella vicenda, finirono sotto inchiesta. Ma dopo un anno e mezzo dai fatti sulla morte del tunisino Sami Mbarka restano ancora molti dubbi. La perizia depositata due giorni fa in Procura, infatti, avanza l'ipotesi che il digiuno, scelto dal detenuto per protestare contro una condanna ritenuta ingiusta, potrebbe non essere stata la causa principale della sua morte.
Gli accertamenti condotti dal gruppo di esperti nominato dalla Procura per fare luce sulla vicenda, composto da Michele Carruba, nutrizionista, dello psichiatra Giordano Invernizzi e del medico-legale Marco Ballardini (che è stato impegnato come perito anche nel delitto di Garlasco), avrebbero riscontrato altre patologie, di cui il tunisino soffriva. Patologie che se non sono state la causa principale del decesso, avrebbero quantomeno concorso ad accelerare la morte del detenuto. Il magistrato della Procura Roberto Valli, che coordina l'inchiesta, sulla base dei risultati della perizia, dovrà ora decidere i prossimi passi.
La perizia sembra alleggerire l'ipotesi di una responsabilità a carico degli indagati, ma non si esclude che possano essere ravvisate comunque delle "leggerezze" da parte di chi ebbe in cura il detenuto per non avere diagnosticato patologie che, insieme al digiuno, potrebbero avere portato alla morte. Il caso esplode, con un esposto dei familiari del detenuto, a settembre dello scorso anno. Ma è a luglio che il tunisino comincia lo sciopero della fame. Alla fine di agosto il direttore sanitario del carcere avvisa della situazione il magistrato di sorveglianza.
Le condizioni del detenuto, infatti, stanno peggiorando. Non mangia da quasi 40 giorni e beve solo acqua e zucchero. Il 2 settembre viene portato in ospedale d'urgenza. Sta molto male e Torre del Gallo non ha un presidio sanitario adeguato. Il tunisino arriva al San Matteo ma rifiuta le cure. Viene visitato dallo psichiatra, ma per il medico non ci sono gli estremi per forzare l'alimentazione: il detenuto viene ritenuto "capace di intendere e di volere". Torna quindi in carcere e poi ancora in ospedale, dove muore nella notte del 5 settembre.