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Detenuto 32enne morì a Regina Coeli, indagati in sette tra medici e infermieri
Martina Di Berardino
Fonte: Il Messaggero, 26 ottobre 2010
26 ottobre 2010

Un altro Stefano Cucchi, forse. Perché morire a trentadue anni, in carcere, dopo aver perso 30 chili nel giro di pochi mesi ricorda il drammatico copione di una storia tristemente nota. Questa volta a morire è stato Simone La Penna, un ragazzo che era in arresto per detenzione di stupefacenti. E dietro la sua morte assurda emergono ancora errori ed imperizie imputabili ad alcuni sanitari che avrebbero dovuto vigilare sulla sua salute.
È per questo che sotto il faro della Procura di Roma sono finiti adesso sette persone, tra medici ed infermieri del carcere di Regina Coeli, tutti indagati per omicidio colposo. Secondo gli inquirenti, alcuni di loro avrebbero scritto relazioni per il tribunale di Sorveglianza in cui attestavano che il giovane era compatibile con il regime carcerario. Altri non si sarebbero accorti che lentamente si stava spegnendo. Si chiamano Andrea F., Andrea S., Giuseppe T., Paolo P., Francesco P., Antonio C. e Domenico S. E in qualche modo sono chiamati in causa dalle 1800 pagine di relazione medica sulla morte di Simone La Penna firmata dai consulenti del pm Eugenio Albamonte. Che spiegano anche, scientificamente, le cause del decesso: arresto cardiaco provocato da uno squilibrio elettrolitico.
Era il 27 gennaio 2009 quando Simone venne trasferito dalla sua abitazione presso la casa circondariale di Viterbo, per detenzione di stupefacenti. Le sue condizioni erano buone, anche se negli anni passati, dal 2003 al 2005, il giovane romano era stato curato presso l'ospedale Sandro Pertini perché soffriva di anoressia.
Dopo un mese di detenzione, Simone La Penna iniziò a perdere velocemente peso; il vomito era ricorrente e le analisi indicavano degli squilibri nella presenza di potassio. Lo portarono nel reparto di medicina protetta dell'ospedale Belcolle di Viterbo dove grazie ad una terapia indovinata cominciò a dare segni di miglioramento. Ma non appena tornava in carcere, Simone ricominciava a vomitare e dimagrire, tanto che i consulenti del pm, nella relazione della Procura, parlano del sopraggiungere di uno stato di anoressia mentale.
E così a causa di un peggioramento delle sue condizioni, l'8 giugno del 2009 venne trasferito presso il reparto medico del carcere di Regina Coeli.
Qui lo stato di denutrizione di Simone La Penna precipitò in un mese, tanto da essere ricoverato il 27 luglio all'ospedale Sandro Pertini, dove restò due giorni per ricevere una terapia mirata. Fino a che, il 26 novembre, esattamente un anno fa, alle 8 di mattina due infermieri del carcere di Regina Coeli si ritrovarono a praticare le operazioni di rianimazione sul corpo di Simone La Penna, che dopo dieci minuti morì. In quel momento pesava 49 chili; e oggi il pm Albamonte si prepara a chiedere conto della sua morte ai medici che avrebbero dovuto segnalare le sue condizioni fisiche e mentali e non lo fecero. E anche a quelli che gli prescrissero medicinali che potevano salvarlo senza poi verificare che gli venissero somministrati davvero.