Che la verità entri nelle aule di giustizia". Così Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, dopo la richiesta di rinvio a giudizio per dodici indagati e due anni di reclusione per un altro accusato che ha scelto il rito abbreviato.
Non è soddisfatta delle richieste dei pm?
"Sì: i pm hanno svolto un lavoro importante con serietà e scrupolo. Del loro impegno va dato atto senza dubbi, ma siamo ancora lontani dall'accertamento delle responsabilità".
Si spieghi meglio...
"L'accusa ai tre agenti penitenziari di aver procurato solo "lesioni lievi" mi sembra insufficiente ma i pm hanno tenuto conto solo della perizia dei medici legali della procura, che nega una cosa semplicissima ed evidente a quanti altri hanno visitato mio fratello: le fratture erano recenti e non, com'è stato scritto, pregresse o dovute a una malformazione. Stefano insomma, non se le era procurate prima di finire in carcere, ma nelle ore immediatamente successive al suo arresto. Stava benissimo quella sera e sei giorni dopo l'abbiamo trovato morto e in condizioni terribili. Una cosa è certa: se non fosse stato arrestato non sarebbe morto. Invece oggi si vuol dire che Stefano sarebbe deceduto anche se fosse rimasto a casa sua chissà per quale patologia che lui stesso ignorava ai avere".
Cosa chiedete?
"Che venga presa in considerazione la perizia dei nostri consulenti. Loro non sono i soli a sostenere che Stefano stava male per le fratture conseguenti al pestaggio nel sotterraneo del tribunale. Mio fratello è stato arrestato sano nella tarda serata del 15 ottobre dell'anno scorso ed è deceduto all'alba di sei giorni dopo nel padiglione carcerario dell'ospedale Sandro Pertini, con la schiena rotta e altri traumi".
Lei crede che quelle lesioni potrebbero aver causato la sua morte?
"Hanno sicuramente avviato il processo della sua fine. Un processo conclusosi in quel letto della corsia-carcere del Pertini dove Stefano era finito complice il tentativo di copertura di quel pestaggio, assicurato dal dirigente del provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria, che ora ha chiesto il rito abbreviato".
Cosa avrebbe fatto quel dirigente?
"Di sabato, fuori servizio, si è recato da un medico compiacente nel padiglione carcerario del Pertini, per far ricoverare lì mio fratello invece che in un ospedale attrezzato come si sarebbe dovuto fare. Perché, allora, viene negato il nesso tra il pestaggio nel bunker del tribunale e la morte di Stefano quando si è convinti della copertura a quella aggressione attuata dal dirigente dell'Ufficio detenuti?".
L'avvocato: Stefano è stato picchiato, poco cambia stati carabinieri o agenti penitenziari
"L'avvocato Perugini dice di conoscere i nomi di chi ha picchiato Stefano Cucchi? Bene. Ma doveva farli prima. Se ne ha le prove ne prenderemo atto e ci comporteremo di conseguenza". Così ai microfoni di CnrMedia l'avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo, si rivolge a Diego Perugini, legale di Nino Menichini, uno degli agenti penitenziari rinviati a giudizio per lesioni aggravate. "È pacifico - dice Anselmo - che Stefano sia stato picchiato, non abbiamo preferenze su una divisa rispetto a un'altra. Se è stato picchiato dai carabinieri o dagli agenti penitenziari, poco cambia. Noi, fino ad oggi, non abbiamo motivo per dire che ci siano altri responsabili rispetto agli imputati a processo. Ma se ci saranno delle novità, ci comporteremo di conseguenza. Certo, Perugini dovrà essere molto convincente", conclude Anselmo.