La famiglia Cucchi ha chiesto una nuova perizia "super partes" perché "si insiste nel negare l'evidenza dei fatti. È inaccettabile la tesi della procura che ha contestato le lesioni lievi ai poliziotti". E Ilaria Cucchi ha rincarato amareggiata: "Non mi interessa partecipare a un dibattimento basato su una bugia. Sono disposta anche a rinunciare a prendere parte al processo". Toni forti, quelli pronunciati dalla sorella di Stefano all'udienza preliminare di ieri dove, davanti al gup Rosalba Liso, era in discussione la richiesta di rinvio a giudizio fatta dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy nei confronti di 13 imputati, tre agenti penitenziari, nove tra medici e operatori sanitari e un dirigente dell'amministrazione penitenziaria, in merito alla morte di Stefano Cucchi, il giovane 31 enne, morto il 22 ottobre del 2009 nel reparto penitenziario dell'ospedale Pertini dopo un arresto per droga.
La famiglia Cucchi, tramite gli avvocati Fabio Anselmo e Dario Piccioni, rifiuta l'accusa di lesioni a carico degli agenti perché considerata troppo lieve e parla invece di omicidio preterintenzionale. C'è un nesso, secondo una perizia della famiglia, tra le violenze subite dal ragazzo nella fase precedente al suo ricovero e la morte in ospedale per la quale sono coinvolti i sanitari con l'accusa di "abbandono d'incapace come causa di morte", reato che prevede una pena fino a 8 anni. Il gup Liso si è riservata di esaminare la richiesta e ha rinviato la decisione per il 19 ottobre prossimo. Contrari ad un nuovo esame si sono dichiarati i pm Barba e Loy e gli avvocati degli agenti mentre i legali della parte medica hanno detto di "non contrari" delegando la decisione al gup. La "guerra" di consulenze in sede di esame autoptico, presentata dalle parti, era scoppiata nella scorsa estate quando vennero presentate due relazioni diametralmente opposte: quella disposta dalla procura, affidata al professor Arbarello, escludeva un nesso causale tra i colpi subiti dal ragazzo e l'insorgenza di alcune patologie gravi, come alcuni scompensi idroelettrolitici e cardiaci, dando la responsabilità della morte all'incuria dei medici. L'altra, presentata dal professor Vittorio Fineschi, attribuiva alle gravi lesioni presenti nelle due vertebre L3 e cocclgea, la causa delle patologie.
Una scheggia di vertebra, secondo loro, era andata a conficcarsi nel sacco durale del midollo spinale provocando quelle sofferenze fino alla morte. Il gup Rosalba Liso ha già fissato le nuove udienze, oltre a quella del 19, per il 26 ottobre e per il 9 e il 30 novembre.