I congiunti di Stefano non condividono la tesi del pubblico ministero, che accusa della morte del ragazzo i medici del "Pertini" e non gli agenti che lo pestarono.
La famiglia Cucchi "sta seriamente pensando a non costituirsi parte civile" nel processo per la morte di Stefano. La sorella Ilaria e i genitori non condividono affatto l'impostazione dell'accusa, che indica solo nei medici del Pertini, e non anche negli agenti penitenziari accusati solo di lesioni, i Stefano Cucchi responsabili della morte del giovane.
"Stefano - ripete Ilaria Cucchi - se non fosse stato pestato da quegli agenti penitenziari non sarebbe mai finito all'ospedale Pertini dove è stato lasciato morire da alcuni medici". La speranza di Ilaria Cucchi, ora, è che il gip - che il 26 ottobre chiude le udienze preliminari chieda ai pm di rivedere le accuse. Ilaria Cucchi confessa il suo sconforto: "So che almeno uno degli agenti penitenziari chiederà il rito abbreviato. Andare al dibattimento con la sola accusa di lesioni, per loro, è un invito a nozze. Noi abbiamo visto il corpo di Stefano, sappiamo che non è morto di malattia". Allora perché imputare solo ai medici la morte del geometra romano? "Non riesco a capirlo. Chiedo ai pm che il capo di imputazione dei medici sia esteso anche agli agenti penitenziari".
La sorella del giovane ricorda tutte le contro - perizie che hanno confermato le gravi lesioni interne ed esterne subite dal giovane in camera di sicurezza al tribunale di Piazzale Clodio. "Lo abbiamo documentato: prima dell'arresto - dice Ilaria Cucchi - mio fratello stava bene. La mia famiglia ne ha sentite di tutti i colori: che Stefano era morto di morte naturale, che le fratture erano pregresse... Noi per primi ci siamo messi in discussione ed è stata una grande fatica e un grande dolore. Alla fine la dinamica è stata chiarita. Ma con un'accusa così non si arriverà alla verità". I colpevoli della morte di Stefano, ripete Ilaria, "sono gli agenti che l'hanno pestato. Senza di loro non sarebbe successo nulla, non sarebbe finito al Pertini dove, è vero, è stato lasciato morire. Trovarmi in tribunale davanti a quegli agenti che rischiano ben poco non mi va affatto".
Le prossime udienze del giudice per le indagini preliminari sono previste per il 5, il 19 e il 26 ottobre. "Spero davvero che in questa occasione il gip chieda ai pm di rivedere l'impianto accusatorio. Non sarebbero obbligati a farlo, ma sarebbe un pronunciamento importante". Indicare solo nei medici, dice la famiglia, i responsabili della morte racconta solo metà della verità: "Lo sappiamo benissimo, il meccanismo che ha innescato il processo che ha portato alla morte di Stefano - dice Ilaria - è stato il pestaggio. Mio fratello non è arrivato al Pertini per un intervento di chirurgia estetica. Se non si parte da qui, mai potrà essere fatta giustizia". Certo, dice la donna, "il ruolo dei medici è gravissimo. Non abbiamo nulla da obiettare alle accuse sul loro conto, l'avrebbero potuto salvare, rabbrividisco quando ci penso. Ma ci sono responsabilità altrettanto grandi da parte di altri".
Ilaria ripete la sua gratitudine a chi in questi mesi ha indagato. "Siamo grati ai pubblici ministeri - puntualizza - per il lavoro svolto. Guardando a casi analoghi ci rendiamo conto che non sempre è scontato arrivare a un processo. Penso a Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, (ucciso a Varese in circostanze analoghe, ndr) che da due anni va chiedendo giustizia. Noi, a un anno dalla morte di Stefano, abbiamo già raggiunto un grande risultato. Ora dai pm mi aspetto che con la stessa serietà rivedano i capi di imputazione. Non si renderebbe giustizia e non si arriverebbe alla verità".