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l'ingiusta archiviazione della vicenda di Carmelo Castro
Simona Filippi (Difensore civico dell’Associazione Antigone)
Fonte: Terra, 18 settembre 2010
18 settembre 2010

Lo scorso 27 luglio, il Giudice del Tribunale di Catania ha messo la parola fine, almeno per ora, sulla triste vicenda della morte del giovane Carmelo Castro avvenuta un anno e mezzo fa nel carcere della città. Il decesso di Carmelo, come quello di molti altri che muoiono in carcere, è rimasto nell'ombra e ancora oggi le circostanze che hanno preceduto il terribile evento restano poco chiare.
Torniamo indietro: il 24 marzo dell'anno scorso Carmelo Castro viene fermato insieme ad altri due ragazzi ritenuti responsabili di una rapina. Viene portato nella caserma dei Carabinieri di Paternò e da lì in carcere. Dopo l'arresto, ci raccontano i genitori, i tre giovani sarebbero stati "massacrati di bastonate" così come rivelerebbero le foto segnaletiche in cui il figlio" aveva "gli occhi neri, l'orecchino strappato e le labbra ferite".
Al momento del suo ingresso in carcere, Carmelo si trova in un evidente stato di agitazione, tanto che a seguito del colloquio di primo ingresso gli viene prescritto un tranquillante e viene sottoposto al regime di "grandissima sorveglianza", la cui funzione primaria è proprio quella di prevenire il verificarsi di gesti autolesionistici in soggetti a rischio e che comporta - essenzialmente - che la persona venga osservata 24 ore su 24.
In quella cella, guardato a vista 24 ore su 24, Carmelo si sarebbe impiccato la mattina del 28 marzo, quattro giorni dopo essere entrato in carcere. L'allarme, un passaggio in infermeria e quindi il trasporto con un auto di servizio all'Ospedale più vicino (5 minuti di viaggio), dove Carmelo però arriva senza vita. Secondo il Giudice che ha disposto l'archiviazione non sono ravvisabili gli estremi per configurare responsabilità penali da parte di terzi.
Noi insistiamo nel sostenere che molte circostanze che hanno contornato la morte di Carmelo sono poco chiare e nessuna di queste è stata con serietà chiarita nella ordinanza dello scorso luglio: a partire dalla dichiarazione di totale assenza sul corpo di Castro di "traccia di colluttazione o comunque di violenza esterna", all'impossibilità per i consulenti di visionare il lenzuolo con cui il giovane si sarebbe impiccato, al sostenere che Carmelo stava in isolamento giudiziario che si accompagna alla mancanza del registro dell'altissima sorveglianza così come alla decisione di portarlo in ospedale con un auto di servizio e non con l'ambulanza sino all'impossibilità per la madre di poterlo incontrare a colloquio.
La decisione di archiviare con queste motivazioni, contraddittorie e farraginose, la morte di un giovane avvenuta in un carcere ci amareggia e soprattutto rafforza la nostra convinzione di intervenire presso le Autorità ed insistere affinché venga celebrato un processo per chiarire le circostanze e le eventuali responsabilità che hanno determinato la morte di Carmelo.