Il mistero delle lettere che non sono mai state consegnate ai famigliari. È rimasto impiccato a lungo, senza che nessuno intervenisse". Gloria Berloso, la madre di Ramon, reo confesso dell'omicidio di due prostitute, lancia accuse. Pesanti. E lo fa in un'intervista televisiva. Sottolinea di aver provato "strazio, orrore, rabbia" per la morte delle due escort, "ma non dolore perché non conoscevo la loro storia personale". Ha rivelato anche un altro particolare. "Le lettere che Ramon mi avrebbe indirizzato non mi sono mai state consegnate. Non so cosa abbia scritto, non conosco i suoi pensieri". Gloria Berloso ripete, quindi, un concetto più volte espresso.
"La verità è che hanno lasciato Ramon solo. Era una persona che aveva bisogno di aiuto ma nessuno gli ha fornito l'assistenza necessaria". Nell'intervista televisiva la madre ha ripercorso, dunque, le tappe della caccia all'uomo. "Non sapevo cercassero mio figlio. Soltanto in un secondo momento mi hanno avvisato. Forse, si sarebbe potuto fare qualcosa". Intanto, è nebbia fitta sui funerali. "I funerali di Ramon Berloso? Non possiamo dire nulla. La consegna che ci è stata data dalla madre è di non rivelare alcunché: né il luogo, né dove si procederà con la tumulazione. Ci dispiace". È la (gentile) risposta dell'operatore dell'Agenzia di pompe funebri. Non fornisce particolari. Anzi, non dice proprio nulla di più. Sono esequie "secretate".
Come si ricorderà, Berloso, trentacinque anni, reo confesso per l'omicidio di due escort, era morto nella mattinata di venerdì all'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Erano da poco passate le 5.40 quando il suo cuore aveva cessato di battere. Da 15 giorni ormai era ricoverato, senza più speranze, al reparto di Rianimazione del nosocomio dell'ospedale friulano. "La morte - aveva spiegato Fabio Pasquariello, comandante del nucleo investigativo di Udine - è stata causata da gravi complicanze cardio-respiratorie e neurologiche successive al tentativo di suicidio in carcere del 4 agosto scorso.
Come hanno spiegato a più riprese i medici, la situazione era talmente compromessa che sarebbe potuta evolvere soltanto in due maniere: la morte (com'è stato) o lo stato vegetativo". Berloso era stato ricoverato in condizioni disperate dopo che nel carcere udinese di via Spalato, in cella di isolamento, aveva tentato il suicidio legandosi attorno al collo un lenzuolo appeso poi alle inferriate. Era stato trovato agonizzante e ormai privo di sensi dagli agenti penitenziari che avevano fatto scattare l'allarme. Erano intervenuti i sanitari che l'avevano condotto al reparto di Terapia intensiva nel nosocomio udinese dove era stato posto in coma farmacologico.