Un farmaco somministrato in carcere e poi l'infarto. I familiari di Dino Naso, il detenuto di 41 anni dell'Ucciardone, in coma dopo un attacco cardiaco in cella, aggiungono un altro particolare nella loro denuncia contro il penitenziario.
L'uomo, in coma irreversibile e in morte cerebrale, aveva accusato una crisi respiratoria il 4 agosto. In cella c'erano otto compagni, tutti fumatori, che ieri sono stati sentiti per ricostruire le fasi dei soccorsi. Naso era in cella per scontare due anni per droga. La famiglia di Naso, assistita dall'avvocato Enrico Tignini, nella denuncia presentata alla Procura ha indicato un buco di tre ore dal momento in cui Naso si è accasciato in cella fino al suo arrivo nell'ospedale Buccheri La Ferla.
Una ricostruzione non condivisa dalla direzione del carcere che ha replicato nei giorni scorsi: "Il detenuto è uscito dalla cella con le sue gambe ed è stato assistito a dovere". "Abbiamo saputo che quando mio marito ha avuto i primi problemi respiratori gli è stata data una pillola - accusa invece Giovanna Castello - Mio marito è rimasto in cella sette minuti. Voglio sapere cosa gli hanno fatto. Ho quattro figli e siamo una famiglia distrutta".
Intanto il vice presidente della commissione attività produttive all'Ars, Pino Apprendi, lancia un appello al presidente della Regione, Raffaele Lombardo, per chiedergli di "intervenire subito a sostegno della famiglia di Dino Naso". "Si tratta di un caso gravissimo del quale il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, non si è occupato - conclude Apprendi, che domani andrà a trovare gli otto compagni di cella del detenuto in coma - Avrebbe potuto mandare gli assistenti sociali dalla moglie e dai figli. Ma la vicenda è stata del tutto ignorata".