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Ancora suicidi in cella... intanto il Piano carceri è fermo perché non ci sono soldi
Livia Ermini
Fonte: Il Messaggero, 24 luglio 2010
24 luglio 2010

Si è ucciso recidendosi la carotide con una lametta mentre si faceva la barba. Andrea Corallo aveva 39 anni ed era detenuto nella casa circondariale Catania Bicocca. Ieri mattina ha iniziato a protestare con veemenza minacciando proprio di tagliarsi la gola, a nulla è valso l'intervento degli agenti di polizia per cercare di fermarlo. La Procura della Repubblica di Catania ha aperto un'inchiesta e sono già stati ascoltati i due compagni di cella mentre, per chiarire meglio la vicenda, il procuratore Angelo Busacca ha disposto l'autopsia. Corallo era stato arrestato nell'ambito di un'operazione antiracket coordinata dalla Dda di Catania ed era in attesa di giudizio. Prima di lui: Italo Saba e Rocco Manfrè, anch'essi morti di carcere a metà luglio rispettivamente a Sassari e Caltanissetta.
Dall'inizio del 2010 sono 38 i detenuti che si sono tolti la vita in Italia. Una vera e propria strage che torna puntuale con le temperature torride dell'estate. A questi occorre sommare i 46 tentativi di suicidio non portati a termine esclusivamente per l'intervento in extremis dei poliziotti. La situazione è ormai al collasso: 9 agenti feriti di recente, un'evasione e un sindacato di polizia penitenziaria che annuncia azioni di lotta. All'interno le condizioni di vita sono spaventose: endemica carenza di personale, contesto igienico e sanitario ai limiti e l'eterno nemico: il sovraffollamento.
Secondo i dati del Ministero dell'Interno nelle patrie galere i detenuti sono 68mila per una capienza di 44mila, di cui la metà (37 mila) in attesa di condanna definitiva. 12 mila 500 sono gli stranieri.
"Abbiamo la sensazione - ha detto il segretario generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno - che nemmeno questa strage silenziosa scuota dal torpore una classe politica che ha, evidentemente, accantonato la questione penitenziaria. Dall'1 gennaio 38 detenuti, 4 agenti penitenziari e un dirigente generale si sono suicidati. Si continuano ad ammassare persone in spazi che non ci sono. Il personale deve rinunciare ai diritti elementari e sottoporsi a turni massacranti per reggere la baracca. La questione penitenziaria è anche una questione morale. Per i tanti sprechi. Per l'incapacità di risolvere".
Facile dunque che la situazione degeneri. A Vibo Valentia la protesta è scoppiata per la mancanza di acqua corrente per due giorni. A Foggia sono stati gli agenti a "scioperare" non ritirando il cibo per una settimana dalla mensa di servizio. In Puglia, secondo il Sappe, la popolazione detenuta ha superato di quasi il 100 per cento i posti disponibili.
Il caso limite: l'Ucciardone di Palermo. 700 detenuti a fronte di 430 posti. Solo 8mila euro l'anno per le spese di ordinaria amministrazione. Un solo infermiere e un medico h 24. Malattie infettive e patologie psichiatriche di ogni genere. Anche 13 mesi per un colloquio con la famiglia, 7 con un educatore. E poi topi e scarafaggi. E una struttura che si chiama "il canile" - ha detto la deputata radicale Rita Bernardini - dove vengono portati i detenuti dopo l'arresto. Sono celle senza arredamento e sporchissime.
A Roma la struttura del Regina Coeli è vecchia. Da anni si parla di chiuderla, ma non esiste nessun progetto in tal senso. 1.100 detenuti contro i 700 previsti. Celle anguste con letti a castello a tre piani. Alle finestre, le famose "gelosie", paratie in legno che impediscono di guardare dentro ai "vicini" di Trastevere. In una sezione ci sono ancora i portoni delle celle in legno, infiltrazioni di umidità e giornali a terra per tamponare perdite d'acqua. A pallone si gioca in un cortile triangolare di cemento. Qualcosa però è stato fatto. Le sezioni sono state ristrutturate e le celle dotate di bagno. C'è una biblioteca che eroga circa 300 prestiti al mese. "Le criticità per noi - segnala il direttore Mauro Mariani - sono l'alta percentuale (50%) di stranieri e di tossicodipendenze (30%)".
Intanto il Piano carceri è fermo. Il programma per la costruzione di nuove strutture rimane sulla carta. Non ci sono i soldi. "Non vedo una via d'uscita ma solo l'aggravarsi continuo di una situazione - dice il Garante del Lazio Angiolo Marroni. I detenuti aumentano sempre di più, mentre le guardie sono sempre lo stesso numero".