La rivolta di Ben Asri Sabri, salito sul tetto per evitare l'espulsione, non è un caso isolato. È solo la punta estrema di un universo in ebollizione, quello dei Centri di identificazione ed espulsione (Cie). Da poco più di una settimana, i Cie di mezza Italia sono in preda a rivolte (spesso represse duramente), tentativi di fuga, incendi e vari atti di autolesionismo da parte dei reclusi. Da Via Corelli a Milano al Serraino Vulpitta di Trapani, da Corso Brunelleschi a Torino a Gradisca in Friuli, non passa giorno senza la notizia di una rivolta o di un tentativo di fuga dei cittadini stranieri chiusi all'interno dei centri, il cui tempo massimo di reclusione è stato aumentato da 60 a 180 giorni con l'approvazione del "pacchetto sicurezza".
Cosa ha portato all'accelerazione di questi giorni? Tutto ha avuto con un "telegramma urgentissimo" inviato dalla direzione generale per l'immigrazione al Dipartimento di pubblica sicurezza. "Da lunedì 12 luglio si procederà ai rimpatri di massa di immigrati clandestini tunisini e algerini. I rimpatri avranno cadenza giornaliera fino a esaurimento delle persone raggiunte da espulsione che si trovano nei Cie". La notizia del telegramma, frutto dell'accordo raggiunto tra il ministro degli interni Roberto Maroni e le autorità di Algeria e Tunisia, si è diffusa alla velocità della luce tra i vari Cie. Molti immigrati che vedevano arrivare a scadenza il loro periodo di trattenimento, hanno deciso di tentare il tutto per tutto. Il primo episodio a Trapani la sera del 13 luglio: un gruppo di una cinquantina di reclusi - tutti nordafricani - si sono scagliati sui cancelli e sono fuggiti. Secondo la questura, in 15 sarebbero riusciti a far perdere le tracce, anche se secondo informazioni del movimento antirazzista della cittadina siciliana sarebbero fuggiti in 40. Tre nordafricani sono stati arrestati e sono in carcere in attesa di giudizio.
Il giorno successivo nel centro di Torino si è scatenata una rivolta. Sono saliti sul tetto per fuggire dalla polizia. Il bilancio della giornata di scontri, secondo informazioni riportate dal sito di informazione Macerie, è importante: "Una delle sezioni maschili è inagibile per i danneggiamenti, e i prigionieri saranno spostati nell'area delle donne". Di lì a poco, Sabri deciderà di salire sul tetto.
È poi il turno del Cie di Gradisca, nel Friuli. Stesso scenario: una rivolta dei tunisini, che vogliono evitare il rimpatrio e protestano contro le condizioni di reclusione. All'interno del centro si scatena una battaglia: la polizia usa i lacrimogeni, un recluso è colpito alla faccia e riporta ustioni gravi. Altri due sono feriti gravemente. Infine, via Corelli. Dopo un'assemblea sulle notizie che arrivano da Gradisca, fuggono in 10. Tre riescono a far perdere le tracce. Sette sono riacciuffati. Uno di loro si rompe una gamba nel tentativo di fuga. Il giorno dopo viene lasciato di fronte al Cie con un foglio di via che gli intima di lasciare l'Italia entro 5 giorni.