Rete Invibili - Logo
Firenze: detenuto suicida in cella c'è un mistero nei telegrammi
Fonte: Il Mattino, 26 aprile 2010
26 aprile 2010

Indagini serrate, a Firenze, per ricostruire le ultime ore di vita di Giuseppe Palumbo e soprattutto per capire i motivi che lo hanno indotto a suicidarsi in una cella del carcere di Sollicciano, dove era detenuto. In attesa dei risultati dell'autopsia disposta dal pubblico ministero del capoluogo toscano, resta un altro mistero.

È quello che si concentra su due telegrammi. Il primo, ricevuto da Palumbo al rientro in cella dopo aver partecipato all'udienza di convalida nella quale il suo fermo era stato convalidato in arresto; il secondo trasmesso dallo stesso detenuto (probabilmente in risposta a quello appena letto) pochissimi minuti prima di annodarsi al collo le lenzuola della branda dove aveva dormito la notte precedente e di togliersi la vita.

Fittissimo il riserbo intorno alle indagini delegate dalla magistratura inquirente alla polizia penitenziaria. Il difensore di Palumbo, l'avvocato Alfredo Guarino, ha spiegato di non sapere niente dei telegrammi che Palumbo ha ricevuto e spedito prima del suicidio: "Notizie di stampa dicono che, se ci sono stati, sono stati sequestrati e io non ho accesso agli atti dell'inchiesta - ha spiegato - Posso solo dire che né io né, credo, i suoi familiari gli avevamo inviato telegrammi. E nemmeno ne abbiamo ricevuti".

Palumbo - prosegue il penalista - "aveva alle spalle una situazione difficile e aveva una personalità fragile. So che in carcere era seguito da uno psichiatra. Il collega che mi ha sostituito durante l'udienza di convalida, però, mi ha detto di averlo trovato abbattuto, ma che, nel suo comportamento, niente faceva presagire quel che poi è successo". Riguardo il fascicolo aperto dalla procura di Firenze: "È un atto dovuto - ha detto Guarino - Per adesso i familiari non hanno sporto denuncia. Si sono limitati a nominare dei propri consulenti per l'autopsia".

Ma se non erano partiti dai familiari, chi ha scritto a Palumbo? L'uomo era finito in carcere con accuse gravissime: era ritenuto il mandante (ed esecutore materiale, con almeno altre cinque persone) del folle raid punitivo contro due sale giochi - la prima a Giugliano e la seconda a Pozzuoli - gestite da un parente. Uno zio, questo hanno ricostruito le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, la cui colpa principale sarebbe stata quella di accogliere in casa la moglie di Giuseppe Palumbo dopo che aveva preso la decisione di abbandonare suo marito. Palumbo doveva rispondere di tentato omicidio, sequestro di persona, rapina, incendio, danneggiamento, detenzione e porto di armi da guerra. Accuse, queste, aggravate dal fatto di aver agito con il metodo mafioso.